Cassazione procedimento in camera di consiglio e produzione tardiva memoria difensiva : conseguenze (Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 4 con la sentenza numero 10022/2025 ha ribadito che nel giudizio camerale di legittimità, le memorie e le produzioni difensive depositate in violazione dei termini previsti, a mente dell’art. 611 cod. proc. pen., in quindici e cinque giorni liberi prima dell’udienza, sono tardive, sicché non possono essere prese in considerazione, neppure ai fini della liquidazione delle spese.

In premessa va ricordato che, ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen., “tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memoria e fino a cinque giorni prima dell’udienza, memorie di replica“.

E che costituisce ius receptum il principio, proprio con riferimento ai termini previsti per le memorie ex art. 611 cod. proc. pen., che il deposito tardivo esime la Corte di cassazione dall’obbligo di prendere in esame le stesse (Sez. 6, n. 11630 del 27/2/2020, A., Rv. 278719; conf. Sez.1, n. 28299 del 27/5/2019, R., Rv. 276414; Sez. 4, n. 49392 del 23/10/2018, S., Rv. 274040; Sez. 1, n. 13597 del 22/11/2016, De Silvio, Rv. 269673;). Sez. 2, n. 10255 del 29/11/2019, dep. 2020, Fasciani, Rv. 278745 – 06 ebbe condivisibilmente a precisare che il termine di quindici giorni per il deposito delle memorie difensive, previsto dall’art. 611 cod. proc. pen. relativamente al procedi mento in camera di consiglio, è applicabile anche ai procedimenti in udienza pubblica e la sua inosservanza esime la Corte di cassazione dall’obbligo di prendere in esame le stesse (conf. Sez. 1, n. 19925 del 4/4/2014, Cutrì, Rv.259618; Sez. 3, n. 50200 del 28/04/2015, Ciotti, Rv. 265935 – 01; Sez.6, n. 18453 del 28/2/2012, Cataldo, Rv. 252711;).

E’ stato di recente affermato, sottoliena la Suprema Corte, con un principio che merita condivisione e pare pertinente ancorché si riferisca al giudizio di appello e al c.d. “rito Covid” previsto dall’art. 23-bis, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modifica zioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 che nel rito a trattazione scritta, i termini per il deposito delle conclusioni delle parti, pur in mancanza di espressa indicazione, devono ritenersi perentori, essendo imprescindibilmente funzionali a consentire il corretto svilupparsi del contraddittorio, sicché il deposito tardivo esime il giudice dal tenere conto delle conclusioni ai fini della decisione, fermo restando che l’imputato non può limitarsi a lamentare un generico pregiudizio del proprio diritto di difesa, dovendo dedurre un’effettiva incidenza delle conclusioni intempestive rispetto all’esito del giudizio (Sez. 6, n. 22919 del 24/04/2024, P. Rv. 286664 – 01 in una fattispecie relativa ad inosservanza del termine per il deposito delle conclusioni del procuratore generale presso la corte di appello, pre visto dall’art. 23-bis, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con mo dificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176).

In tale pronuncia si è ricordato che nel giudizio cartolare d’appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale pandemica, i termini assegnati per il deposito delle con clusioni, previsti dall’art. 23-bis, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, hanno natura perentoria, perché il loro rispetto è imprescindibilmente funzionale a consentire il corretto svilupparsi del contraddittorio tra le parti, nonché il necessario spazio di valutazione per il giudice (Sez.6, n. 18483 del 29/3/2022, Della Mina, Rv. 283262).

A tale conclusione — si legge ancora nella sentenza 22919/2024 — «si è giunti osservando come la trattazione cartolare prevede una scansione dei termini per il deposito delle rispettive richieste delle parti che non può che essere inteso nel senso della perentorietà degli stessi, in quanto il rispetto dei termini è direttamente funzionale a garantire l’effettività del contraddittorio, nonché il necessario spazio dii valutazione per il giudice» e «se si ritenesse che il termine cli cinque giorni prima dell’udienza, entro il quale il difensore delle parti private deve depositare la propria memoria non sia perentorio, si imporrebbe al giudice di valutare anche memorie inviate fino al giorno della camera di consiglio, in tal modo privandolo del necessario tempo di esame delle stesse».

La conclusione – da ribadire — è che il contraddittorio cartolare – fondato sullo sfasamento dei termini per il deposito delle rispettive richieste delle parti presuppone di per sé la perentorietà dei termini, proprio perché il rispetto delle diverse cadenze temporali è il requisito essenziale per garantire a ciascuna parte processuale, nonché all’organo giudicante, l’esercizio delle rispettive facoltà e poteri.

E’ vero che la sopra ricordata norma di cui alla legislazione emergenziale, come oggi l’art. 611 cod. proc. pen., non prevedono il rispetto di tali termini a pena di decadenza, tuttavia, deve sottolinearsi come gli stessi debbano necessariamente ritenersi perentori atteso che, diversamente opinando, il deposito tardivo di uno di tali atti si rifletterebbe negativamente sul pieno dispiegarsi del contraddittorio.

Tale soluzione, peraltro, non collide con il principio generale – ex art. 173, comma 1, cod. proc. pen. – secondo cui i termini si considerano stabiliti a pena di decadenza solo nei casi previsti dalla legge.

Invero, la perentorietà del termine può dipendere non solo dall’uso di specifiche formule normative, ma ben può es sere insita nella funzione tipica dell’atto, il cui utile compimento deve necessaria mente avvenire entro i tempi dettati dalla normativa codicistica.

Va dunque ribadito il principio di diritto che nel giudizio camerale di legittimità ex art. 611, comma 1, cod. proc. pen. le memorie e le produzioni difensive depositate in violazione del rispetto dei termini di quindici e cinque giorni “liberi” prima dell’udienza, previsti dall’art. 611 cod. proc. pen., sono tardive e, pertanto, non possono essere prese in considerazione, neppure ai fini della liquidazione delle spese.