Il 3 maggio 2025 l’Unione delle camere penali italiane ha diffuso un comunicato titolato “Se i magistrati eletti giudicano i loro elettori…”.
I penalisti associati lamentano la disfunzionalità del sistema delle valutazioni di professionalità dei magistrati, desumendola dal fatto che sono tutti promossi sempre e a pieni voti.
Vorrebbero avere voce in capitolo in questo sistema ma lamentano di essere stati ridotti a meri segnalatori.
Infine, due impressionanti bordate finali: “i magistrati eletti giudicano i loro elettori, in un evidente conflitto di interessi che porta agli esiti che sono sotto gli occhi di tutti” e l’accenno al “nessuno mi può giudicare” dell’omonima canzone di Caterina Caselli.
C’è da chiedersi a che serva un comunicato così e se questo è il meglio che può offrire l’UCPI.
Il commento di un’iniziativa del genere dovrebbe iniziare dall’art. 104 Cost. – almeno finché rimarrà tale – e dall’assetto ivi configurato del Consiglio superiore della magistratura ma i penalisti lo conoscono già e non è certo il caso di ricordarglielo.
Così come sanno che, sia pure in aliquota minoritaria, anche gli avvocati possono far parte dell’organo di autogoverno e, se il sistema è all’insegna del todos caballeros, magari qualche colpa potrebbero averla anche loro.
Ed allora, potrebbe anche essere utile ricordare che i rapporti di forza tra magistratura e avvocatura, seppure indiscutibilmente condizionati da assetti normativi formali, sono anche condizionati dal modo in cui l’avvocatura stessa e ogni suo singolo componente interpretano il proprio ruolo e dai valori e principi cui si ispirano: avvocati fieri e combattivi e antagonisti ogni volta che la loro funzione lo richieda contribuiscono a riequilibrare il rapporto, avvocati compiacenti, soggiacenti, consociativi ne accrescono lo squilibrio.
Una piccola sottolineatura, infine, prima di chiudere: nella corrente legislatura, in questo non dissimile dalle precedenti, 75 deputati su 400 (a questo link per la fonte) e 42 senatori su 206 (a questo link per la fonte) sono avvocati. Quasi il 20% dei parlamentari italiani, una forza d’urto niente male ma, a quanto pare, non particolarmente coesa sui temi che stanno a cuore all’UCPI.
