La Corte EDU, con decisione pubblicata il 29 aprile 2025 (allegata al post nella versione originale in lingua inglese), ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino marocchino che lamentava di essere stato trattenuto illegittimamente a bordo della nave Splendid.
Segue adesso il testo integrale del comunicato stampa (allegato anch’esso alla fine del post), tradotto a mia cura dalla versione originale in inglese.
Nella sentenza nel caso Mansouri c. Italia (ricorso n. 63386/16), la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha dichiarato il ricorso inammissibile a maggioranza. La decisione è definitiva.
Il caso riguardava la legittimità e le condizioni del trattenimento di un cittadino tunisino a bordo della nave Splendid, utilizzata per rimpatriarlo nel Paese di partenza sulla base di un provvedimento di respingimento emesso dalla polizia di frontiera per mancanza di visto d’ingresso.
La Corte ha rigettato i motivi di ricorso del ricorrente ai sensi dell’articolo 5 (diritto alla libertà e alla sicurezza). In particolare, ha ritenuto che il ricorrente non avesse esaurito i ricorsi interni disponibili ed efficaci presentati dal Governo, vale a dire un ricorso risarcitorio e una domanda urgente di provvedimenti provvisori. Non aveva pertanto adottato misure appropriate per consentire ai giudici nazionali di svolgere il loro ruolo fondamentale nel sistema di protezione della Convenzione, essendo quello della Corte sussidiario rispetto al loro. Ha osservato che, se il ricorrente avesse ottemperato all’obbligo di esaurire i ricorsi interni conformemente alle norme applicabili e alle procedure disponibili ai sensi del diritto interno, avrebbe dato ai giudici nazionali l’opportunità di dirimere la questione se le restrizioni contestate costituissero una “privazione della libertà” e, in tal caso, se fossero compatibili con la Convenzione. Inoltre, supponendo che avesse successivamente perseguito il suo ricorso dinanzi alla Corte, quest’ultima avrebbe beneficiato delle conclusioni di fatto e di diritto dei giudici nazionali, nonché della loro valutazione. Infine, ha rilevato che, in assenza di un procedimento dinanzi ad essi, i giudici italiani non avevano avuto modo di esaminare alcuna questione relativa all’interpretazione delle disposizioni del Codice frontiere di Schengen e dell’allegato V dello stesso, né alla sua compatibilità con i diritti fondamentali, chiedendo, se del caso, una pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
La Corte ha ribadito, peraltro, che, in conformità ad un consolidato principio di diritto internazionale e fatti salvi gli obblighi derivanti dai trattati, compresi quelli derivanti dalla Convenzione, gli Stati contraenti avevano il diritto di controllare l’ingresso, il soggiorno e l’allontanamento degli stranieri. Ha ritenuto che, in questo settore, fosse particolarmente importante dare ai tribunali nazionali l’opportunità di interpretare il diritto interno e prevenire o correggere le violazioni della Convenzione attraverso il proprio ordinamento giuridico.
La Corte ha inoltre ritenuto che le condizioni generali di alloggio a bordo dello Splendid, pur potendo aver causato frustrazione al ricorrente, non avessero raggiunto il livello minimo di gravità richiesto affinché la reclusione in questione potesse essere applicata ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione. I motivi di ricorso ai sensi dell’articolo 3 (divieto di trattamenti inumani o degradanti) e dell’articolo 13 (diritto a un ricorso effettivo) erano pertanto manifestamente infondati.
Una sintesi giuridica di questo caso sarà disponibile nella banca dati della Corte HUDOC (link).
