Reato continuato e rideterminazione delle pene inflitte con distinte condanne: criteri cui deve attenersi il giudice dell’esecuzione (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 15864/2025, udienza del 18 aprile 2025, ha ribadito che, in tema di reato continuato, il giudice dell’esecuzione che ridetermini le pene inflitte con distinte condanne, ciascuna delle quali pronunciata per una pluralità di reati unificati a norma dell’art. 81, comma secondo, cod. pen., deve scorporare i reati già riuniti dal giudice della cognizione, individuare quello più grave ed infine operare, sulla pena che è stata inflitta per quest’ultimo, autonomi aumenti per ciascun reato satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo

Provvedimento impugnato

Con ordinanza del 6 febbraio 2025 il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza di CFT di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto di quattro sentenze di condanna emesse nei suoi confronti (1. sentenza del Tribunale di Roma del 25 novembre 2011; 2. sentenza della Corte d’appello di Roma del 15 marzo 2012; 3. sentenza della Corte d’appello di Roma del 20 giugno 2019; 5. sentenza della Corte d’appello di Roma del 13 maggio 2021), respingendola con riferimento ad una ulteriore sentenza di condanna (4. sentenza della Corte d’appello di Roma del 15 ottobre 2019).

Per l’effetto, ha rideterminato la pena complessiva in 5 anni di reclusione e 1.640 euro di multa, individuando come pena base quella della sentenza n. 5, ed aggiungendo tre aumenti per continuazione, uno per ciascuna sentenza di condanna inserita nel cumulo giuridico. 

Ricorso per cassazione

Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi.

Con il primo motivo deduce violazione di legge perché come pena base è stata assunta quella complessiva della sentenza n. 5 senza scindere le pene inflitte per i due reati oggetto della sentenza di condanna ed individuare come pena base quella inflitta per il reato più grave.

Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione perché non c’è alcuna motivazione, neanche apparente, circa gli aumenti di pena per i reati satellite.

Decisione della Corte di cassazione

Il ricorso è fondato.

I due motivi possono essere affrontati congiuntamente.

Il collegio ritiene di dare continuità all’orientamento della giurisprudenza di legittimità che ha sostenuto più volte che “in tema di reato continuato, il giudice dell’esecuzione che ridetermini le pene inflitte con distinte condanne, ciascuna delle quali pronunciata per una pluralità di reati unificati a norma dell’art. 81, comma secondo, cod. pen., deve scorporare i reati già riuniti dal giudice della cognizione, individuare quello più grave ed infine operare, sulla pena che è stata inflitta per quest’ultimo, autonomi aumenti per ciascun reato satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo” (Sez. 1, n. 17948 del 31/01/2024, Rv. 286261 – 01; conformi Sez. 1, n. 21424 del 19/03/2019, Rv. 275845 – 01, Sez. 1, n. 12164 del 09/01/2025, n.m.).

Nel caso in esame, in violazione della lettura degli art. 81 cod. pen., 671 cod. proc. pen., e 187 disp. att. cod. proc. pen. data dalla sopra ricordata consolidata giurisprudenza di legittimità, il giudice dell’esecuzione ha individuato come pena base non quella del reato più grave della sentenza n. 5, ma quella risultante all’esito della continuazione interna tra i due reati che erano stati oggetto di quella condanna (una rapina ed un reato di resistenza a pubblico ufficiale). Inoltre, sempre, in violazione delle medesime norme di legge, il giudice dell’esecuzione ha inflitto un aumento unico per i reati oggetto della sentenza n. 3, che, però, erano due (una rapina ed un reato di lesioni aggravante), ed in questo modo non ha permesso di comprendere quale sia, ad ogni effetto penale, la porzione di pena attribuita all’uno o all’altro reato.

Da ultimo, come osserva il ricorso, il giudice dell’esecuzione ha anche disposto aumenti in continuazione per i reati satellite in totale difetto di motivazione, atteso che la motivazione che regge gli aumenti per i reati satellite si risolve in ordinanza nella espressione “valutati tutti gli indici di cui all’art. 133 cod. pen.”, che, in assenza di ulteriori indicazioni sulla valutazione dei fatti di reato in altri passaggi della motivazione che consentano di comprendere a quali parametri il giudice si riferisca in concreto, è una motivazione che si colloca al di sotto della soglia minima delle espressioni, pur concise, che devono caratterizzare i provvedimenti esecutivi (cfr. Sez. 1, n. 23041 del 14/05/2009, Rv. 244115).

Ne consegue che l’ordinanza impugnata non resiste alle censure che le sono state rivolte e che la stessa deve essere annullata nella parte in cui determina il trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo esame su tale punto.