
Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 15248/2025, udienza del 2 aprile 2025, ha chiarito che la proponibilità del ricorso in cassazione avverso una sentenza pronunciata in rito, deve essere riconosciuta, oltre che al PM, anche alla parte civile, quale parte privata (artt. 607 e 608 cod. proc. pen.), laddove essa si veda irrimediabilmente vulnerata nelle sue posizioni dal provvedimento impugnato e risulti, come tale, portatrice di un interesse concreto alla rimozione dello stesso.
L’impugnazione della parte civile agli effetti penali è ipotesi eccezionale, in siffatti termini sostenuta da una lettura dell’art. 576 cod. proc. pen. che riconosce alla prima il potere di impugnare i capi di condanna al fine di ottenere dal giudice penale, in via incidentale e ai soli fini civili, il giudizio di responsabilità. In adesione all’ormai prevalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità, vanno ritenute ricorribili per cassazione, con conseguente superamento del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione (art. 568, comma 1, cod. proc. pen.), tutte le sentenze pronunciate dal giudice penale, comprese quelle processuali, salvo espressa deroga o eccezioni.
Unico limite resta quello che vi sia in capo al soggetto che impugna un interesse concreto all’eliminazione del provvedimento, da verificarsi in relazione alla situazione determinatasi in seguito alla pronuncia impugnata.
Si tratta allora di stabilire quale interesse a proporre ricorso per cassazione possa riconoscersi al soggetto costituitosi parte civile in un giudizio penale che, dopo aver ottenuto in primo grado, nell’intervenuto accertamento della penale responsabilità dell’imputato, condanna generica ai danni ed al pagamento di una provvisionale, veda caducata ogni statuizione civile di favore in esito ad una causa di nullità della sentenza di primo grado, rilevata in appello.
Deve ritenersi che, in applicazione del principio fatto proprio dalle Sezioni unite penali con la sentenza n. 29529 del 25/06/2009, RV. 244110, la proponibilità del ricorso in cassazione avverso una sentenza pronunciata in rito, vada riconosciuta, oltre che al PM, anche, quale parte privata (artt. 607 e 608 cod. proc. pen.), alla parte civile, là dove essa si veda irrimediabilmente vulnerata nelle sue posizioni dal provvedimento impugnato e risulti, come tale, portatrice di un interesse concreto alla rimozione dello stesso.
È stato infatti riconosciuto che ove nel processo di formazione della sentenza di penale responsabilità, si inserisca una erronea decisione in rito che, disponendo la regressione del processo per annullamento della sentenza di primo grado di riconoscimento del diritto della parte civile al risarcimento del danno, risulti preclusiva dell’incidentale accertamento civile per decorso della prescrizione del reato nelle more maturata, va attribuita legittimazione ad impugnare alla parte civile, altrimenti lesa nell’utilità pratica derivante dalla pronuncia annullata (in termini, per una ipotesi in cui l’accertamento del giudice penale ai fini civili era mancato in ragione di ”erronea valutazione di inammissibilità del ricorso della parte civile, vedi Sez. 2, n. 35794 del 18/06/2013, Rv. 257404).
Nel caso in esame l’annullamento della sentenza di primo grado per la ritenuta incompetenza territoriale e la scadenza del termine di prescrizione del reato comporterebbe, per la parte civile, l’assenza di tutela dei suoi diritti in sede penale, e conseguentemente, l’interesse ad impugnare la sentenza processuale.

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