Istanza di riabilitazione: per la sua valutazione è legittimo prendere in considerazione anche denunce, procedimenti penali pendenti per fatti successivi alla domanda e procedimenti amministrativi pendenti (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 13804/2025, udienza del 21 marzo 2025, ha affermato che, in tema di riabilitazione, è consentito al giudice prendere in esame, nonostante la presunzione di non colpevolezza che assiste l’imputato, anche denunce, atti di procedimenti penali pendenti a carico del riabilitando per fatti successivi a quelli cui inerisce la domanda, ancorché non ancora definiti con sentenza di condanna, la pendenza di procedimenti amministrativi, ma solo a condizione che di siffatti elementi sia apprezzato il significato concreto, dimostrativo della commissione di condotte devianti o irregolari, tali da contraddire il mantenimento della buona condotta e da provare il mancato recupero del condannato.

La concessione della riabilitazione è subordinata alla dimostrazione del ravvedimento del richiedente, desumibile dai comportamenti regolari tenuti nel periodo minimo previsto dalla legge e fino alla data della decisione sull’istanza, e alla sua attivazione per l’eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla condotta criminosa, salva la prova dell’inadempimento c.d. ‘necessitato’.

In particolare, la valutazione del presupposto di buona condotta va effettuata con esclusivo riferimento al periodo di tre anni, decorrente dalla data in cui la pena principale risulti eseguita (ossia dalla data di espiazione della pena detentiva o di pagamento della pena pecuniaria) o si sia in altro modo estinta, con la conseguenza che non possono essere presi in considerazione comportamenti anteriori, sebbene di chiara valenza negativa (Sez. 1, n. 55063 del 14/11/2017, Rv. 271916).

D’altro canto, la natura costitutiva del provvedimento che concede il beneficio, non essendo affidata al giudice la mera ricognizione della sussistenza di presupposti tipici e definiti dalla norma, ma essendogli demandato un compito valutativo di natura discrezionale, comporta che siffatta valutazione si estenda dal momento dell’esecuzione o della estinzione della pena principale sino a quello della decisione (Sez. 1, n. 42066 del 04/04/2014, Rv. 260517; Sez. 1, n. 1507 del 17/12/2012, dep. 2013, Rv. 254251).

Il presupposto della buona condotta, secondo l’ opzione interpretativa della Suprema Corte, anche in riferimento alla riabilitazione da misure di prevenzione, subordinata allo stesso requisito, «non consiste soltanto nella mera astensione dal compimento di fatti costituenti reato, ma postula l’instaurazione ed il mantenimento di uno stile di vita improntato al rispetto delle norme di comportamento comunemente osservate dalla generalità dei consociati, pur quando le stesse non siano penalmente sanzionate o siano, addirittura, imposte soltanto (senza la previsione di alcun genere di sanzione giuridica) da quelle elementari e generalmente condivise esigenze di reciproca affidabilità che sono alla base di ogni ordinata e proficua convivenza sociale» (Sez. 1, n. 196 del 03/12/2002, dep. 2003, Rv. 223027).

Il giudice deve, dunque, accertare non tanto l’assenza di ulteriori elementi negativi, ma prove effettive e costanti di buona condotta, tal che, mentre il totale silenzio sulla condotta dell’istante risulta insufficiente a fornire la prova di emenda e di ravvedimento, qualsiasi nota negativa in ordine al suo comportamento costituisce prova esattamente contraria a quella richiesta dal legislatore (Sez. 1, n. 39809 del 02/10/2008, Rv. 241652; Sez. 1, n. 11572 del 05/02/2013, Rv. 255157; Sez. 1, n. 8030 del 23/01/2019, Rv. 274914).

Ne consegue che, nella valutazione del presupposto probatorio, è consentito al giudice prendere in esame, nonostante la presunzione di non colpevolezza che assiste l’imputato, anche denunce, atti di procedimenti penali pendenti a carico del riabilitando per fatti successivi a quelli cui inerisce la domanda, ancorché non ancora definiti con sentenza di condanna, la pendenza di procedimenti amministrativi, ma solo a condizione che di siffatti elementi sia apprezzato il significato concreto, dimostrativo della commissione di condotte devianti o irregolari, tali da contraddire il mantenimento della buona condotta e da provare il mancato recupero del condannato (Sez. 1, n. 820 del 7/2/1996, Rv. 204016; Sez. 1, n. 33420 del 12/7/2001, Rv.219659; Sez. 1, n. 11821 del 10/2/2009, Rv. 243492). In altri termini, se non è di per sé di ostacolo all’accoglimento dell’istanza di riabilitazione l’esistenza di una o più denunzie o la sola pendenza di procedimenti penali per fatti successivi, tali denunzie e pendenze sono invece valutabili per trarne elementi di persuasione in ordine al giudizio globale, positivo o negativo, di mantenimento della buona condotta e di conseguimento dell’emenda.