C’era una volta la Rivoluzione Francese che risolveva tutti i problemi in due modi: applicazione ragionieristica della norma, e se non c’era la norma il Parlamento provvedeva a disciplinare il caso di specie, e, nel dubbio, come la Regina di Cuori, il grido ‘Tagliategli/le la testa!’.
E poi c’erano le Tricoteuses: un gruppo di gentili vecchiette in puro stile “La Signora Omicidi”, affettuose, ingenue, carine e coccolose che passavano il tempo a tricoter, cioè a fare la maglia.
Sulla piazza di Parigi, davanti alla ghigliottina, in attesa della successiva decapitazione, loro principale divertissement.
Più di recente, forse complice Cesare Beccaria, abbiamo inventato dei canoni per la determinazione della ‘pena applicabile in concreto’, che tengano in considerazione la condotta, la premeditazione, l’elemento soggettivo, la personalità del reo.
Sembrava tutto chiaro ma si sa, il genere umano è eternamente insoddisfatto, per cui è nata la spaccatura in due gruppi, che abbiamo impropriamente chiamato ‘garantisti’ e ‘giustizialisti’.
Impropriamente perché un ‘garantista’ dovrebbe essere quel soggetto che vorrebbe garantire a tutti gli imputati un giusto processo, e dunque, in ultima istanza si batte perché sia fatta giustizia e non abuso.
Un giustizialista dovrebbe essere qualcuno che si batte perché sia fatta giustizia, il che dovrebbe significare che, in ultima istanza, poiché il processo è giusto si svolga secondo le regole e nel rispetto delle garanzie di legge.
Poi il processo è ritornato nelle piazze, come nella Spagna Rinascimentale o nel più tradizionale linciaggio, uscendo dalle aule di giustizia, piazze prima fisiche, poi virtuali, dove la pena diventa democratica: non secondo la legge, ma secondo il sentire dell’imbonitore del momento.
Risultato: la pena non è mai abbastanza severa, le aggravanti non sono mai abbastanza gravi, le attenuanti non sono mai abbastanza tenui e, in fondo, il risarcimento è sempre poco.
E poi la vittima è stata vittimizzata di nuovo (prima dal crimine, mica una semplice contravvenzione, è lo Stato che sbaglia, poi dalla difesa, che diventa vittimizzazione secondaria, poi dai giudici che, non pronunciando lo squartamento sulla pubblica piazza realizzano la vittimizzazione terziaria).
E dunque ogni condanna deve essere esemplare, ogni pena draconiana, ogni attenuante uno scandalo ed un insulto alla vittima, e alla fine, pian piano, stiamo costruendo un processo il cui scopo non è più accertare la verità, concentrandoci sull’imputato, ma dare una soddisfazione alla persona offesa, incentrandoci sulla vittima.
Sennonché, ricordo di averlo letto da qualche parte in un polveroso tomo, in una lontana gioventù, che pur credevo non essere così remota, l’imputato è innocente fino a prova contraria (anche se ormai son tutti presunti assassini, qualsiasi sia la contestazione) e la persona offesa è solo qualcuno che afferma di aver avuto un danno che deve dimostrare, nell’an, nel quantum e anche nel nesso causale.
Debbo avere chiaramente sbagliato qualcosa in questi anni.
Oggi infatti scopro che l’elemento soggettivo è una cosa medievale (ma forse potrebbe anche avere senso, a spanne è da lì che s’è iniziato a superare il principio di responsabilità oggettiva) che serve solo a consentire di cavarsela perché chi sbaglia non paghi, che accoltellare un cadavere non è una aberratio, un momento di follia, ma una normale pratica di crudeltà (e anche di forza se pensiamo che settantacinque coltellate in un corpo vivo o morto da poco richiedono uno sforzo non da poco) esattamente come la tortura, se non di più, e poi, via, che diamine, chi, perfettamente lucido, per uccidere una persona facendola soffrire, non sferra una coltellata fatale poi continua ad infierire sul cadavere ?
Me lo ha garbatamente chiarito un amico laureato all’università di internet di recente, spiegandomi che lui il diritto lo conosce e sa che io sono chiaramente in malafede perché difendo i colpevoli e, per fortuna mia, decidendo di non rivolgermi mai più la parola – spero sia coerente in futuro.
Chissà, a breve reintrodurremo il giudizio divino o la prova del crivello e la pena sarà decisa da un sondaggio di opinione.
Ah, non scordiamoci che gli amici draconiani sono anche quelli che si difendono al grido di: eh, ma non ho mica ucciso nessuno …
