La Cassazione sezione 2 con la sentenza numero 9955/2025 ha ricordato che ai fini dell’utilizzo, ai sensi dell’art. 500, comma 4, cod. proc. pen., delle dichiarazioni predibattimentali del testimone, gli “elementi concreti“, sulla base dei quali può ritenersi che egli sia stato sottoposto a violenza o minaccia affinché non deponga ovvero deponga il falso, devono consistere, secondo parametri correnti di ragionevolezza e di persuasività, in elementi sintomatici della violenza o dell’intimidazione subita dal teste, purché connotati da precisione, obiettività e significatività, e quindi idonei ad escludere che la condotta del teste sia frutto non di una pressione subita da terzi, ma della sua adesione a modelli devianti, tesi ad anteporre la cura dei propri interessi illeciti rispetto al dovere di testimonianza davanti all’Autorità giudiziaria (Sez. 6, n. 23241 del 11/02/2021, Rv. 281522 Se2.1, — 01; in senso conforme, Sez. 2, n. 29393 del 22/04/2021, Rv. 281808 – 01;1(n. 13550 del 17/02/2017, Rv. 269566 – 01; Sez. 1, n. 9646 del 19/10/2016, dep. 2017, Rv. 269272 – 01; Sez. 2, n. 22440 del 05/05/2016, Rv. 267039 – 01).
La Suprema Corte ha ulteriormente chiarito che le violenze, minacce, offerte o promesse di denaro o di altre utilità al testimone affinché non deponga ovvero deponga il falso autorizzano il giudice a disattendere la deposizione del teste in giudizio, ad acquisire al fascicolo del dibattimento le dichiarazioni predibattimentali del teste medesimo, contenute nel fascicolo del pubblico ministero, ma non lo esonerano dal vagliare l’attendibilità di queste ultime che non può essere ritenuta automatica sulla scorta dell’accertato fattore illecito esterno (Sez. 2, n. 50035 del 19/09/2018, Rv. 274716 – 01), precisando che siffatte dichiarazioni acquisite ai sensi dell’art. 500, comma 4, cod. proc. pen., possono costituire fonte probatoria esclusiva e determinante dell’affermazione di responsabilità dell’imputato laddove la loro attendibilità intrinseca sia confermata attraverso il rigoroso vaglio delle garanzie procedurali emergenti dalla progressione processuale, senza la necessità di reperire i riscontri esterni di cui all’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 41751 del 04/07/2018, Rv. 274489 – 01).
In linea con i richiamati principi deve ribadirsi che il procedimento incidentale diretto ad accertare se il testimone sia stato intimidito non richiede una prova certa oltre ogni ragionevole dubbio della coartazione subita, essendo sufficiente a fondare il convincimento circa l’inquinamento della fonte dichiarativa l’emersione di circostanze specifiche spesso desumibili, come nella specie, dal contegno processuale, dalla reticenza, dalla negazione dei fatti ovvero di circostanze decisive, in contrasto con il pregresso narrato e in difetto di giustificazioni plausibili, da gratuite accuse alla P.g. di manipolazione delle dichiarazioni predibattimentali, da strumentali amnesie; in sostanza da elementi che, lungi dall’integrare meri sospetti, alla luce di una valutazione complessiva delle emergenze processuali e secondo criteri di ragionevolezza, costituiscano indici rivelatori di condizionamenti esterni volti a orientare le dichiarazioni del teste. Si tratta all’evidenza di un giudizio squisitamente di merito in ragione dell’apprezzamento fattuale che lo sottende e in quanto tale sottratto al sindacato di legittimità ove trasfuso in una motivazione priva di aporie e frizioni logiche.
