Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 12505/2025, udienza del 25 marzo 2025, ha ribadito l’illegittimità dell’arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell’immediatezza del fatto, poiché, in tale ipotesi, non sussiste la condizione di “quasi flagranza”, la quale presuppone la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato (Sez. U, n. 39131 del 24/11/2015, dep. 2016, Ventrice, Rv. 267591 – 01, intervenuta in un caso analogo a quello che si sta scrutinando, atteso che l’arresto era stato eseguito sulla base delle sole indicazioni della persona offesa, riguardanti le generalità dell’aggressore).
È stato, in proposito, evidenziato che, il potere di privazione della libertà personale attribuito alla polizia giudiziaria, avendo natura eccezionale (art. 13, comma 2, Cost.), «trova ragionevole giustificazione nella constatazione (da parte di chi procede all’arresto) della condotta del reo, nell’atto stesso della commissione del delitto, ovvero della diretta percezione di condotte e situazioni personali dell’autore del reato, immediatamente correlate alla perpetrazione e obiettivamente rivelatrici della colpevolezza» (Sez. U, n. 39131/16, cit.), ciò che all’evidenza non accade quando si giunge all’arresto sulla base delle sole indicazioni fornite dalla persona offesa o da terzi alla polizia giudiziaria nei casi in cui gli agenti operanti non abbiano assistito alla perpetrazione del reato ovvero non ne abbiano percepito le tracce di commissione “immediatamente prima”.
