Italia condannata dalla Corte di Strasburgo per non avere assicurato investigazioni efficaci sulle cause della morte di un lavoratore dell’acciaieria ILVA di Taranto (Vincenzo Giglio)

Il 27 marzo 2025 la prima sezione della Corte europea dei diritti umani ha deciso con sentenza la controversia L. e D’E. contro Italia (istanza n. 30336/2022), condannando lo Stato convenuto per avere violato l’art. 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che afferma il diritto alla vita e ne assicura la tutela legale.

Serve ricordare che i ricorrenti sono la moglie e il figlio di un operaio che ha lavorato alle dipendenze dell’ILVA di Taranto dal 1980 al 2004

La decisione è allegata alla fine del post nella versione originaria in lingua francese, unitamente al comunicato stampa in lingua inglese.

Segue la riassunzione del caso, estratta dal predetto comunicato e tradotta a nostra cura.

Investigazione inefficace sulla presunta causa di morte legata al lavoro (per esposizione a sostanze tossiche)

Nella sentenza camerale di oggi nel caso L. e D’E. c. Italia (domanda n. 30336/22), la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato, all’unanimità, che vi era stata una violazione dell’Articolo 2 (diritto alla vita/indagine) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Il caso ha riguardato la decisione di interrompere i procedimenti penali avviati dai richiedenti in merito alla morte di un loro congiunto per un tumore polmonare, che, secondo loro, era stato causato dall’esposizione a sostanze tossiche sul luogo di lavoro.

La Corte ha rilevato in particolare che, tenendo conto della giurisprudenza nazionale pertinente e del fatto che una fonte professionale della condizione del predetto congiunto non era stata esclusa fin dall’inizio, il tribunale avrebbe potuto ordinare ulteriori indagini per accertare l’eventuale esistenza di un nesso causale tra l’esposizione a sostanze nocive e la malattia del deceduto, al fine di identificare i responsabili di eventuali violazioni delle misure di sicurezza.

Ne consegue che i tribunali nazionali non avevano fatto sforzi sufficienti per stabilire i fatti del caso, e che la decisione di chiudere l’indagine non era stata adeguatamente motivata. L’indagine non era quindi stata efficace.