Magistratura : “o sapremo riscattarci o saremo perduti” diceva il vice-presidente del CSM nel 2019, a distanza di sei anni c’è stato il riscatto? (Riccardo Radi)

Recentemente ad un convegno sulla giustizia disciplinare del CSM, ho posto la seguente domanda ad un magistrato: “Nel 2019 il vice-presidente del CSM Ermini, nei giorni del caso Palamara, ha pronunciato queste parole : O sapremo riscattarci o saremo perduti, a distanza di 6 anni vi siete riscattati o vi siete inesorabilmente perduti?

Il magistrato mi ha fissato negli occhi e se avesse potuto mi avrebbe incenerito, seduta stante.

La domanda è rimasta sospesa nell’aria per una decina di secondi, dopo è stata metabolizzata e all’iniziale scontata risposta “Bisognerebbe chiederlo ad Ermini” c’è stata una parziale autocritica sulle logiche che pervadono la sezione disciplinare del CSM.

D’altronde, basta scorrere le sentenze disciplinari del Consiglio Superiore della Magistratura dell’anno 2024 per rendersi conto che l’auspicato riscatto è rimasto nell’aria come tante vuote parole.

Ecco alcune decisioni del 2024:

Giudice delle indagini preliminari che emette misure cautelari ove la sua valutazione critica, della richiesta del pubblico ministero, si può raccogliere in una noce o in maniera più forbita “in nuce”.

Con la sentenza numero 7 del 2024, leggiamo che “in tema di illeciti disciplinari dei magistrati, non integra la fattispecie della emissione di provvedimenti privi di motivazione la condotta del giudice per le indagini preliminari che abbia emesso ordinanze cautelari quasi per intero ripiene e sostenute dal contenuto della richiesta cautelare, con una motivazione incompleta, non esaustiva, non adeguatamente esplicitata, laddove le stesse contengono, seppur in nuce ed in modo (oltremodo) sintetico, l’esistenza di chiari elementi sintomatici del tutto rivelativi ed indicativi del fatto che il magistrato incolpato abbia compiuto, in relazione ad ogni singolo provvedimento cautelare da lui emesso, un’autonoma valutazione delle risultanze istruttorie in atti

Quindi è sufficiente una sorta di pensiero embrionale, espresso “in modo oltremodo sintetico” per dimostrare che, aggiungiamo noi, la separazione delle carriere è necessaria.

Riferimenti normativi: Decreto legisl. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1 Decreto legisl. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 2, comma 1 lett. l) Massime precedenti conformi Vedi: N. 22 del 2022; N. 172 del 2022.

Presidente: PINELLI Estensore: LAGANA’

Illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni – Doveri del magistrato – Diligenza – Laboriosità – GIP – Emissione di provvedimenti privi di motivazione – Ordinanze di applicazione di misura cautelare personale – Motivazioni incomplete, non esaustive – Illecito disciplinare – Insussistenza.

Questa volta ci occupiamo del sostituto procuratore che “consulta” un fascicolo assegnato ad altro sostituto per poi fornire informazioni all’indagato.

SENT. n. 102 del 2024 Presidente: BERTOLINI R.G. n. 26-27/2020 – 100/2021 Estensore: COSENTINO Illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni – Doveri del magistrato – Diligenza – Violazione del dovere di diligenza con conseguente indebito vantaggio ad una delle parti – Sostituto Procuratore della Repubblica – Consultazione di un fascicolo assegnato ad altro Sostituto e successiva rivelazione del contenuto ad un indagato – Illecito disciplinare – Insussistenza.

In tema di illeciti disciplinari, il vantaggio procurato ad un indagato consistente nell’avergli offerto per le vie brevi una informazione che egli avrebbe potuto comunque acquisire presentando apposita istanza è inidoneo ad integrare la previsione astratta di “indebito vantaggio” di cui all’art. 2, lett. a), d. lgs. N. 109/2006.

Riferimenti normativi: Decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, art. 2, comma 1, lett. a)

Rimane sullo sfondo come abbia potuto consultare il fascicolo assegnato ad altro pubblico ministero, è entrato furtivamente nella stanza?

Ha distratto il titolare delle indagini per leggere di soppiatto gli atti?

Come si è appurato che le informazioni fornite erano acquisibili tramite “apposita istanza”?

Normalmente si presenta la richiesta al modello 335 cpp per conoscere il nome del sostituto procuratore assegnatario del fascicolo e il titolo del reato ipotizzato, in questi casi non c’è bisogno di “consultare”.

Sentenza n. 40/2024, RG n. 67/2022 (presidente Pinelli, estensore D’Ovidio)

In tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, integra l’illecito nell’esercizio delle funzioni dell’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato, la condotta del magistrato di sorveglianza che invia al PM titolare del procedimento a carico di sua moglie una mail contenente una ricostruzione giuridica del fatto, dandone una propria interpretazione, tesa a ritenere il reato non configurabile.

Tale condotta può tuttavia reputarsi priva di sostanziale offensività, tenuto conto delle modalità in cui si è estrinsecata, nonché del carattere meramente occasionale dell’episodio e dell’assenza di clamore in ordine al caso, trovando pertanto applicazione l’art. 3-bis del d.lgs. n. 109 del 2006”.

commento

Si riconosce da un lato che l’incolpato ha interferito in modo ingiustificato nell’attività di un altro magistrato e per ciò stesso si attesta la materialità dell’illecito disciplinare previsto dall’art. 2, comma 1, lett. e), d. lgs. n. 109/2006 (Ordinamento disciplinare dei magistrati), ma, dall’altro, se ne banalizza la portata ricorrendo a parametri eccentrici che – si può star certi – sarebbero considerati risibili in un giudizio penale: l’occasionalità dell’episodio, come se la gravità potesse essere ricavata solo dalla serialità di condotte analoghe, e l’assenza di clamore, quasi a premiare la segretezza che, a quanto pare, deve avere circondato il fatto.

Dare la colpa all’altro libera la coscienza ma allontana la verità, si potrebbe parafrasare così la sentenza numero 99/2024 della sezione disciplinare del Consiglio Superiore della magistratura che nel procedimento, RG n. 2/2023 (presidente Pinelli, estensore Fontana), che così ha deciso:

In tema di illecito disciplinare dei magistrati, l’omessa scarcerazione dell’imputato per oltre sei mesi dalla data di perdita di efficacia della misura integra certamente, trattandosi di disciplina a tutela del bene della libertà personale, la violazione di legge derivante da errore o negligenza inescusabile.

Nella specie la Sezione disciplinare ha ritenuto di applicare l’esimente di cui all’art. 3 bis tenuto conto di una serie di elementi, tra cui la mancata richiesta di revoca della misura cautelare da parte del difensore dell’imputato e la figura professionale dell’incolpato”.

commento

Si riconosce la rilevanza disciplinare del fatto e il fatto è un imputato rimasto in carcere sei mesi oltre la data di perdita di efficacia della misura cautelare subita.

Eppure, anche in questo caso, quella rilevanza scolora fino a scomparire perché – si badi bene – il difensore dell’interessato non ha chiesto la revoca della misura e l’incolpato ha una certa, non meglio precisata, figura professionale.

Da un lato, quindi, la colpa del magistrato viene traslata sul difensore rimasto inerte, con ciò stesso banalizzando o addirittura negando il suo dovere di vigilanza sulle misure in corso; dall’altro, si accenna a un profilo professionale – non sapremo mai quale – e lo si erge a baluardo protettivo.

Rimangono sullo sfondo, alla stregua di un fastidioso inconveniente, i sei mesi di vita sottratti allo sventurato cui è toccato in sorte una così eminente figura professionale.

Scriveva il reazionario è pungente Nicolas Gomes Dàvila: “L’uomo preferisce discolparsi con la colpa altrui piuttosto che con la propria innocenza”.

Possiamo concludere con due annotazioni:

La prima riguarda la cornice normativa: l’ordinamento disciplinare dei magistrati ha un’intonazione robustamente protezionistica, nel senso di essere congegnato, sia nella tipizzazione degli illeciti disciplinari che nella previsione della clausola generale dell’esenzione dagli addebiti per scarsa rilevanza del fatto, in modo da confinare l’area di ciò che è disciplinarmente rilevante entro spazi ristretti.

La seconda riguarda l’interpretazione di quella cornice, cui concorrono con pari importanza sia la Sezione disciplinare che la Procura generale: pare, cioè, che entrambe facciano largo uso della discrezionalità insita nelle previsioni normative, attraverso una altrettanto larga valorizzazione della scarsa rilevanza e l’adozione di parametri di minimizzazione del fatto.

Chiosa finale ….

Non sarà che, anche per queste sentenze della sezione disciplinare del CSM, la fiducia nella magistratura è ai minimi termini?