Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n.11198/2025, udienza del 13 marzo 2025, ha escluso, sul presupposto dell’assenza di disposizioni transitorie, l’applicazione delle modifiche introdotte dalla Legge 114/2024 (abrogazione del comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen. e modifica del comma 1-quater del medesimo articolo) alle impugnazioni proposte prima della sua entrata in vigore.
Ha inoltre ribadito la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost.
Provvedimento impugnato
Con ordinanza la Corte di appello di Milano dichiarava l’inammissibilità, per mancanza della dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, dell’appello proposto avverso la sentenza del tribunale di Milano, con cui BS era stato condannato in ordine ai reati ex art. 73 del DPR 309/90.
Ricorso per cassazione
Avverso la predetta ordinanza BS ha proposto ricorso per cassazione mediante il suo difensore, deducendo il vizio di omessa motivazione rispetto alla denunziata illegittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., per violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, riproponendosi la medesima questione di legittimità costituzionale.
Decisione della Corte di cassazione
Il ricorso è inammissibile.
La cd. legge Nordio (114/2024) ha abrogato il comma 1-ter dell’art. 581 c.p.p., mentre al comma 1-quater, dopo le parole “del difensore” sono state inserite le parole “di ufficio”.
Essa non ha previsto alcuna norma transitoria, tesa a disciplinare la sorte delle impugnazioni proposte prima dell’entrata in vigore delle modifiche.
Ne consegue che le impugnazioni proposte nella vigenza dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 c.p.p., come introdotti dal d. Igs. n. 150/2022, continuano ad essere valutate, sotto il profilo della loro ammissibilità, alla stregua di tali disposizioni, secondo un orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità e che trova la sua ratio nel principio tempus regit actum che normalmente regola la successione nel tempo delle leggi processuali penali.
Invero, le Sezioni unite penali hanno stabilito, con indirizzo cui occorre uniformarsi, come emerge dall’informazione provvisoria n. 15 in ordine alla decisione di cui alla udienza del 24.10.2024 che “la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024″; “la previsione ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l’impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione“.
Quanto alla sollevata questione di legittimità, qui ribadita, va altrettanto chiaramente riaffermato l’indirizzo ormai consolidato, e cui correttamente si è riportata la Corte di appello, per cui è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost., in quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, Rv. 285900 – 01).
Peraltro, quanto alle denunziate difficoltà del difensore ad ottenere le prescritte indicazioni da parte dell’imputato, che pur eventualmente senza fissa dimora ben avrebbe potuto eleggere o dichiarare il domicilio altrove o presso terzi, non escluso il difensore, si tratta di circostanze personali e fattuali che non paiono rilevare nel quadro di una adeguata questione di legittimità costituzionale improntata alla ritenuta peculiarità del caso.
Trattandosi, peraltro, di questione giuridica, ogni deduzione circa la mancata considerazione di talune doglianze appare irrilevante alla luce della correttezza finale della decisione die giudici di appello.
Trova qui applicazione il principio per cui il vizio di motivazione non è configurabile riguardo ad argomentazioni giuridiche delle parti.
Queste ultime, infatti, come ha più volte sottolineato la Suprema Corte, o sono fondate e allora il fatto che il giudice le abbia disattese (motivatamente o meno) dà luogo al diverso motivo di censura costituito dalla violazione di legge; o sono infondate, e allora che il giudice le abbia disattese non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità della pronuncia giudiziale, avuto anche riguardo al disposto di cui all’art. 619, comma 1, cod. proc. pen., che consente di correggere, ove necessario, la motivazione quando la decisione in diritto sia comunque corretta (cfr. in tal senso Sez. 1, n. 49237 del 22/09/2016 Rv. 271451 – 01).
Va altresì aggiunto che è inammissibile il ricorso per cassazione col quale è dedotto il vizio di motivazione per avere il giudice di merito, dinanzi al quale sia stata proposta una questione di legittimità costituzionale, omesso di esaminarla, posto che la stessa, in quanto questione di diritto, rilevabile d’ufficio e proponibile in ogni stato e grado di qualsiasi procedimento giurisdizionale, può essere prospettata per la prima volta anche nel giudizio di legittimità. (Sez. 3, n. 7528 del 09/11/2023, dep. 2024, Rv. 285954 – 02).
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
