Procedimento nei confronti dell’ente e richiesta di riesame presentata dal difensore nominato dal legale rappresentante indagato in proprio: le precisazioni della Cassazione (Luigi Caravita, Giuseppe Manna e Marcello Manna)

La Cassazione penale, con la sentenza n. 9244/2025 della terza sezione penale (allegata alla fine del post in versione anonimizzata), è tornata a pronunciarsi in tema di d. lgs. 231/2001, una pronuncia di particolare importanza atteso che tratta congiuntamente il tema della legittimazione alla impugnazione dell’indagato e del terzo interessato.

Il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria aveva dichiarato la inammissibilità del ricorso proposto dal legale rappresentante della società in quanto indagato e, di conseguenza, aveva ritenuto sussistente il divieto ex art. 39, del citato d.lgs.

Il TDL aveva, inoltre, rigettato il ricorso del terzo interessato (medesima persona fisica ma titolare delle quote sociali) in quanto non legittimato ad addurre motivi inerenti i presupposti del sequestro, ma esclusivamente la titolarità del bene.

Con la sentenza richiamata, i giudici della Suprema Corte affrontano il tema della ammissibilità dell’istanza di riesame presentata dal legale rappresentante di un ente, avverso un provvedimento di sequestro dei beni societari, nel caso in cui la persona fisica sia indagata per il reato presupposto dell’illecito amministrativo da reato per il quale si è proceduto ad iscrizione della società nel registro degli indagati e, però, al momento della presentazione del ricorso non si abbia alcuna conoscenza della pendenza del procedimento sulla responsabilità degli enti.

Nel ribadire il principio, espresso dalle Sezioni unite, della inammissibilità per difetto di legittimazione della richiesta di riesame presentata dal difensore nominato dal legale rappresentante che sia indagato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo (SS.UU. 33041/2015), ne precisano i limiti di operatività.

In particolare, esso non può trovare applicazione nel caso in cui l’ente ed il suo legale rappresentante, non abbiano alcuna notizia o conoscenza della pendenza del procedimento a carico del soggetto giuridico.

In tali casi, del tutto legittimamente, l’ente assume la veste di “terzo interessato” dal sequestro e spetta al suo legale rappresentante, sia pur indagato, la facoltà di nomina del legale e la conseguente proposizione del ricorso in quanto, in tali casi, non opera il divieto posto dal citato art. 39.

La Corte precisa, inoltre, che non sussiste alcun obbligo per l’ente di informarsi di propria iniziativa della sussistenza di un procedimento a suo carico.

Ciò che rileva, dunque, è la effettiva conoscenza della esistenza di un procedimento a carico dell’ente e non una conoscibilità potenziale.

La sentenza tratta in ultimo anche il tema relativo alla possibilità per il terzo interessato dal sequestro di contestare non solo la legittima provenienza (titolarità) del bene ma anche i presupposti applicativi del sequestro stesso. La Corte avalla tale ultima soluzione ritenendo accoglibile il ricorso del terzo interessato con cui siano stati contestati anche i presupposti applicativi del sequestro con particolare riferimento al fumus, al periculum ed alla pertinenzialità dei beni con il reato spingendosi finanche ad onerare il TDR in sede di rinvio a verificare la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato ipotizzato.