Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 10976/2025, udienza del 26 febbraio 2025, ha ribadito che è inammissibile, per aspecificità, ex artt. 581, comma 1 e 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., il motivo che denunci l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale, nonché, in modo cumulativo, promiscuo e perplesso, la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, ove non sia indicato specificamente il vizio di motivazione dedotto per i singoli, distinti aspetti, con puntuale richiamo, alle parti della motivazione censurata (cfr., così, ad esempio, Sez. 4, n. 8294 del 01/02/2024, Rv. 285870 – 01).
D’altra parte, il motivo di ricorso fondato sulla lett. b) dell’art. 606 cod. proc. pen. deve essere invero articolato sotto il profilo della contestazione della riconducibilità del fatto – così come ricostruito dai giudici di merito – nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; e non, invece, come nel caso di specie, mettendo in dubbio o contestando che le emergenze istruttorie acquisite consentano di ricostruire la condotta di cui si discute in termini idonei a ricondurla al paradigma legale, operazione che comporta una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio, essendo preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure, in ipotesi, anch’essa logica, dei dati processuali o percorrere una diversa ricostruzione storica dei fatti ovvero formulare un diverso giudizio di rilevanza o di attendibilità delle fonti di prova (cfr., tra le tante, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Rv. 283370; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507; cfr., ancora, Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Rv. 234148).
Il sindacato sulla motivazione, dal canto suo, deve essere mirato a verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata;
b) non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica;
c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute;
d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico (cfr., Sez. 2, n. 36119 del 4.7.2017, Sez. 1, n. 41738 del 10.10.2011; Sez. 6, n. 108ì951 del 15.3.2006.
Non sono perciò deducibili, in sede di legittimità, censure relative alla motivazione diverse da quelle che abbiano ad oggetto la sua mancanza, la sua manifesta illogicità, la sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; sono dunque inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento.
