Toccata e fuga in giudizio minore, seconda parte (Vincenzo Giglio e Riccardo Radi)

Due anni fa

A luglio del 2023 il bidello AA, accusato di violenza sessuale in danno di una studentessa minorenne all’interno dell’istituto scolastico in cui prestava servizio, era stato assolto dal Tribunale di Roma perché il fatto non costituisce reato in conseguenza di un’asserita incertezza sull’elemento soggettivo.

Così era stata motivata la decisione:

quanto al fatto

Parte lesa, P.A., sentita all’udienza del 23 febbraio 2023, riferiva le seguenti circostanze: il giorno 12 aprile 2022 alle ore 9 e 40 circa, entrava a scuola in compagnia della sua amica B.V. e, mentre saliva le scale, giunta al primo piano, mentre si stava tirando sui pantaloni che le erano scesi dalla vita, sentiva da dietro delle mani entrarle nei pantaloni, sotto gli slip, che dapprima le toccavano i glutei e poi la afferravano per le mutandine e la tiravano su sollevandola di circa 2 centimetri; il tutto durava circa cinque/dieci secondi. La ragazza era convinta che fosse stata l’amica, tuttavia si girava e vedeva l’odierno imputato. A quel punto, si recava in classe senza dire nulla ma l’A.A. la seguiva e le diceva “amo lo sai che io scherzavo”; tuttavia, rimasto privo di risposta, si allontanava”.

quanto alla credibilità della parte offesa

Le dichiarazioni della persona offesa sono apparse pienamente credibili, in quanto dettagliate, prive di contraddizioni, logiche, coerenti, nonché prive di alcun intento calunnioso nei confronti dell’imputato, con cui la P.A. aveva anche un rapporto cordiale e rispetto al quale non aveva alcun motivo di nutrire astio o rancore. Il racconto di parte lesa trova inoltre preciso risconto esterno in primo luogo nella testimonianza resa da B.V., che ha assistito direttamente al toccamento subito dall’amica da parte dell’imputato e che ha ampiamente confermato in sede dibattimentale la dinamica dell’accaduto per come esattamente descritta dalla P.A. Ancora, nelle dichiarazioni rese da G.C., barista presso il liceo (omissis), il quale riferiva che il giorno 12 aprile 2022 la P.A., insieme alla B.V. e ad un’altra amica, si recavano al bar e gli raccontavano l’episodio di violenza occorso poco prima. Il teste raccontava che, poco dopo, giungeva l’odierno imputato, il quale iniziava ad inveire contro la P.A. dicendole: “tu mi rovini la vita, io non ti ho fatto niente”, e colpiva il bancone del bar con una testata. Ulteriore riscontro estrinseco è ravvisabile nella testimonianza di G.G., all’epoca dei fatti insegnante di italiano e storia presso l’istituto (omissis), il quale riferiva che il giorno 12 aprile 2022, nel cambio dell’ora, trovava fuori dall’aula la persona offesa con una sua amica ad attenderlo; la P.A. era sconvolta e, in quella circostanza, gli raccontava che all’entrata di scuola, mentre saliva le scale, l’A.A. le aveva toccato “il sedere”.

quanto alla prova della condotta materiale

 “La condotta posta in essere dall’imputato, quale descritta dalla persona offesa, integra sicuramente l’elemento oggettivo della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 609 bis c.p.: egli ha infatti repentinamente toccato i glutei della parte lesa, zona erogena. In tema di violenza sessuale, l’elemento oggettivo può consistere sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nella intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, sia, come nel caso di specie, nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevenendone la manifestazione di dissenso”.

quanto al difetto di prova dell’elemento psicologico

Quanto all’elemento soggettivo, deve rilevarsi che la repentinità dell’azione, senza alcuna insistenza nel toccamento, da considerarsi quasi uno sfioramento, il luogo e il tempo della condotta, in pieno giorno in locale aperto al pubblico e in presenza di altre persone, e le stesse modalità dell’azione poi conclusasi con il sollevamento della ragazza non consentono di configurare l’intento libidinoso o di concupiscenza generalmente richiesto dalla norma penale. Né tale elemento può desumersi dalle frasi riferite dalla stessa P.A. (“se avessi la tua età mi risarei sposato”) riconducibili all’atteggiamento confidenziale descritto da tutti, e plausibilmente proferite nell’intento di consolare la ragazza.

Appare, pertanto, convincente la tesi difensiva dell’atto scherzoso, sicuramente inopportuno nel contesto in cui è stato realizzato per la natura del luogo e dei rapporti tra alunno e ausiliario. Al riguardo deve peraltro rilevarsi che anche la natura scherzosa dell’atto non esclude in astratto l’elemento soggettivo richiesto dalla norma.

La Corte di legittimità ha ampiamente affermato che, in tema di violenza sessuale, il gesto compiuto “ioci causa” o con finalità di irrisione è qualificabile come atto sessuale punibile ai sensi dell’art 609 bis c.p. allorquando per le caratteristiche intrinseche dell’azione, rappresenta un’intrusione violenta nella sfera sessuale della vittima.

Nel caso di specie, le sopra descritte modalità dell’azione lasciano ampi margini di dubbio sulla volontarietà nella violazione della libertà sessuale della ragazza, considerato proprio la natura di sfioramento dei glutei, per un tempo sicuramente minimo, posto che l’intera azione si concentra in una manciata di secondi, senza alcun indugio nel toccamento. Inoltre, appare verosimile che lo sfioramento dei glutei sia stato causato da una manovra maldestra dell’imputato che, in ragione della dinamica dell’azione, posta in essere mentre i soggetti erano in movimento e in dislivello l’uno dall’ altra, potrebbe avere accidentalmente e fortuitamente attivato un movimento ulteriore e non confacente all’intento iniziale.

In tal senso depone anche la condotta successiva dell’imputato, che solo alla manifestazione di disagio della ragazza, si è reso conto della natura inopportuna del suo gesto, andato oltre le proprie intenzioni, tanto da cercare di chiarire la situazione ed evitare ogni fraintendimento”.

Oggi

Si apprende adesso dalla stampa (a questo link per la notizia) che, a seguito dell’impugnazione del PM, la Corte di appello di Roma ha riformato la sentenza di primo grado, affermando la responsabilità dell’imputato e condannandolo alla pena di due anni di reclusione.

Note di commento

Riproponiamo senza variazioni le stesse considerazioni fatte su questo blog all’indomani della decisione del Tribunale (a questo link per la consultazione).

Avevamo espresso allora la nostra convinzione che fosse una sentenza sbagliata.

Lo pensiamo anche adesso e, a quanto pare, lo stesso ha pensato la Corte capitolina.

…Contraddizioni in fatto

Dal racconto della parte offesa, giudicato pienamente credibile dal decidente, si ricava una precisa sequenza che, se le cose hanno un senso, esclude radicalmente l’involontarietà della condotta dell’imputato: la ragazza sale per le scale e intanto i suoi pantaloni le stanno cascando giù; l’imputato è dietro di lei, le infila le mani dentro i pantaloni e, non ancora pago, anche dentro gli slip per poi toccarle (toccarle, non sfiorarle) i glutei; non finisce qui perché l’imputato afferra gli slip e solleva di qualche centimetro la ragazza. Pochi secondi, certo, ma molto intensi, ci sentiamo di dire, così intensi da privare di plausibilità la tesi di una “manovra maldestra” e di uno sfioramento casuale.

A nostro parere già questo basterebbe ma c’è dell’altro: la parte offesa non urla, non protesta, non accenna alcuna reazione; rimane invece in silenzio e si allontana verso la classe. Ci chiediamo come si concili questa situazione di fatto con la spiegazione del giudice secondo il quale l’imputato si è reso conto della portata del suo gesto solo dopo la manifestazione di disagio della ragazza. Ci sembra piuttosto che tale seconda sequenza si presti ad un’unica chiave di lettura: l’imputato è stato consapevole fin dall’inizio della violenza della sua condotta e, appena la parte offesa si è allontanata, ha provato a convincerla a tacere nel timore di dover subire le conseguenze di ciò che aveva fatto.

…Considerazioni di fondo

Al di là di qualsiasi tecnicismo e della varie chiavi di lettura dei fatti, ci chiediamo se sia corretto anche solo ammettere la possibilità che l’intrusione nella sfera intima di una donna, se da costei non voluta e non consentita, sia classificata come un gesto semplicemente inopportuno.

È così azzardato attribuire a questo modo di intendere le cose il significato di una non più tollerabile sottovalutazione della signoria di ogni donna sul suo corpo, del suo diritto assoluto e immanente di esigere da chiunque il rispetto di tale signoria senza necessità di proclamarlo e senza che occorrano comportamenti affermativi in assenza dei quali i “gesti inopportuni” possono essere tollerati?

Chiudiamo con questa domanda la cui risposta a noi sembrerebbe ovvia.