Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 9799/2025, udienza del 4 marzo 2025, ha precisato, in tema di motivi di appello, che è decisiva soltanto la doglianza affidata ad argomentazioni che, fondandosi su evidenze probatorie inopinabili, siano capaci di intaccare la struttura portante della motivazione sottesa alla decisione impugnata, così da condurre, ove considerate, ad una diversa pronuncia.
Viceversa, «Il giudice di appello non ha l’obbligo di controbattere ogni esercitazione dialettica difensiva e di confutare, una per una, tutte le argomentazioni e tutte le doglianze che sono state proposte con i motivi di impugnazione. L’obbligo di motivazione può, infatti, considerarsi adempiuto allorché il giudice di secondo grado, senza diffondersi nella confutazione particolareggiata di un motivo di gravame, involgente la critica di un elemento di prova, dimostri, mediante l’enunciazione delle ragioni che hanno determinato la sua decisione, di aver tenuto conto di tutte le principali e decisive risultanze acquisite nel processo» (Sez. 2, n. 1612 del 08/06/1976, dep. 1977, Rv. 135181), di modo che anche il vizio di motivazione, per essere scrutinabile dalla Corte di cassazione, «deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento» (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
