Il problema non è il SIAMM, è farlo funzionare (Francesco Bianchini)

Nell’articolo pubblicato da Terzultima Fermata il 13 marzo 2015 (a questo link per la consultazione), il collega Riccardo Radi ha dato atto della decisione della Corte di appello di Roma di non accettare più il deposito delle istanze di liquidazione per il patrocinio a spese dello Stato in udienza, ma solo tramite la Piattaforma ministeriale “Siamm”.

Il collega, in particolare, narra dell’episodio del 5.02.2025, ove il Presidente della terza sezione Penale della Corte gli ha negato “sorridendo” il deposito dell’istanza, chiedendogli gentilmente di effettuarlo per il tramite dell’applicativo “Istanza Web” e ciò sia al fine di agevolare il lavoro della cancelleria, sia per evitare inutili duplicazioni delle istanze, aggiungendo, inoltre, l’esistenza di una “disposizione interna” che lo prevedeva.

In verità il deposito delle istanze di liquidazione dei compensi dei difensori degli ammessi al patrocinio a spese dello Stato e dei difensori di ufficio non promana da “disposizioni interne” degli uffici giudiziari, ma è imposto, e non da ora, da una norma di legge (l’art. 37-bis, del D.L. 76/2020, conv. con mod. nella legge 120/2020) e disciplinata nel dettaglio da un regolamento di attuazione (il provvedimento del Direttore Generale dei sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia n. 10396.ID del 22.12.2021, che si allega) che ne sostituisce, tra l’altro, uno adottato in precedenza dal medesimo Dicastero (il provvedimento del Direttore Generale dei sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia n. 9802.ID del 6.10.2020, che del pari si allega).

Ma andiamo per ordine.

La legge 120/2020 (entrata in vigore il 15.09.2020), nel convertire il decreto-legge n. 76/2020, vi aggiungeva l’art. 37-bis del seguente tenore «Art. 37-bis. (Misure di semplificazione in materia di richieste di gratuito patrocinio) – 1. Al fine di favorire una celere evasione delle richieste di liquidazione dei compensi spettanti al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato e al difensore d’ufficio ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le istanze prodotte dal giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono depositate presso la cancelleria del magistrato competente esclusivamente mediante modalità telematica individuata e regolata con provvedimento del direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia».

Sicché dal 16.09.2020 le istanze di liquidazione dei compensi dei difensori dell’ammesso al patrocinio a spese dello stato e del difensore di ufficio si sarebbero dovute depositare solo telematicamente, secondo modalità individuate da decreto attuativo regolamentare del Ministero della Giustizia.

Un primo regolamento attuativo della predetta norma legislativa (il n. 9802.ID) veniva emesso dal Direttore Generale dei sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia n. 9802.ID del 6.10.2020. Esso constava di 9 articoli e prevedeva, appunto, le modalità di deposito telematico delle istanze di liquidazione dei difensori degli ammessi al gratuito patrocinio o dei difensori ufficio attraverso il portale Ministeriale SIAMM, rinviando alle “specifiche tecniche” (provvedimento del 16 aprile 2014 del Responsabile per i sistemi informativi automatizzati della Direzione Generale dei

Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia) per l’accettazione, il rifiuto e la conservazione delle richieste depositate e dei documenti allegati e prevedendo, con riguardo alle richieste di liquidazione rivolte ai tribunali ordinari ed alle corti di appello per prestazioni in materia civile, la possibilità di essere depositate in alternativa tramite le funzionalità del processo civile telematico (art. 8).

Detto regolamento veniva successivamente sostituito ed abrogato dal provvedimento n. 10396.ID del Direttore Generale dei sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia del 22.12.2021, pubblicato sul Portale dei Servizi Telematici (c.d. “P.S.T.”) del Ministero della Giustizia ed entrato in vigore a partire dalle ore 12:00 del 28 dicembre 2021. Anch’esso consta di 9 articoli ed invero ha apportato poche modifiche al precedente, introducendo la possibilità di accedere al portale SIAMM esclusivamente mediante SPID o CNS e lasciando immutata, con riguardo alle istanze di liquidazione dei compensi in materia civile di competenza dei tribunali ordinari e delle corti di appello, la possibilità alternativa del loro deposito mediante P.C.T (art.8).

Sono la legge e la disciplina regolamentare attuativa e non le disposizioni interne degli uffici giudiziari, quindi, ad imporre il deposito esclusivamente con “upload” nel Portale ministeriale SIAMM delle istanze di liquidazione del compenso professionale “penale” del difensore dell’ammesso al patrocinio a spese dello Stato o del difensore di ufficio. Dette disposizioni, quindi, sono in vigore dall’ottobre del 2020, anche se nella pratica venivano attuate dagli uffici giudiziari talvolta con ritardo, talaltra con molto ritardo.

Vero è che attraverso la conclusione di protocolli “ad hoc” – stipulati tra le associazioni forensi ed i capi degli uffici giudiziari – al fine di ottenere la liquidazione in tempi più rapidi, si potrebbe prevedere la possibilità – fermo il previo deposito dell’istanza a mezzo SIAMM – che all’udienza di discussione il difensore possa depositare una c.d. “copia di cortesia” cartacea dell’istanza di liquidazione del compenso già depositata telematicamente. Purtuttavia la Suprema Corte ha chiarito che i predetti protocolli non risultano vincolanti per i Giudici, specie quando contrastanti con le norme giuridiche, non assurgendo al rango di fonti del diritto, ma, al più, a “gentlemen’s agreements” (Cass. Civ., Sez.2, ordinanza 20.10.2023, n. 29184 pubblicata da Terzultima Fermata (a questo link per la consultazione).

Il problema non è, però, la modalità di deposito dell’istanza di liquidazione, il problema è capire cosa siano giuridicamente ed ontologicamente tanto l’istanza di liquidazione quanto il decreto di liquidazione (rectius “di pagamento” ex artt. 82-84 e 168 e ss., DPR 115/2002).

L’istanza finalizzata alla liquidazione del compenso del difensore dell’ammesso al gratuito patrocinio o del difensore di ufficio è un vero e proprio ricorso che introduce un sub-procedimento di natura civile (attenendo a diritto soggettivo di un professionista) e che si conclude con provvedimento giurisdizionale di natura monitoria (il decreto di liquidazione) il quale può essere opposto ai sensi degli artt. 170, D.P.R. n. 115/2002, 15, d.lgs. 150/2011, 281-decies e ss., c.p.c.; non solo, ma la sentenza che decide sull’opposizione, seppur inappellabile, è pacificamente ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost.

Le istanze di liquidazioni degli onorari, quindi, sono “atti processuali” e, come tali, dovrebbero essere trattate e decise.

Ciò significa, in primo luogo, che il funzionario di cancelleria deputato all’accettazione dell’istanza è tenuto alla stessa diligenza con cui dovrebbe trattare un qualsiasi altro atto giudiziale ed in particolare deve accettarla in tempi ragionevoli (e non dopo vari mesi, come talvolta accade).

Ed ancora, ciò comporta che costituisce atto illegittimo, sul piano giuridico, il rifiuto dell’istanza di liquidazione (come accaduto al collega Radi), siccome “non comprensiva dell’atto di appello e del dispositivo o delle motivazioni della sentenza di appello”, quantunque ciò sia stato “vergato” in appositi “protocolli”, dato che il giudice della liquidazione, ai sensi dell’art. 15, comma 5, del D. Lgs. 150/2011 (disposizione prima trasposta sul corpo dell’art. 170, DPR 115/2002), è tenuto (e non meramente facoltizzato) a richiedere gli atti giustificativi della domanda – eventualmente non depositati dall’avvocato – “a chi li detiene” (ex multis: Cass. Civ., Sez. II, ordinanza 29.09.2023, n. 27608; Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza, 9.08.2022, n. 24554; Cass. Civ. Sez. II, ordinanza 29.07.2022, n. 23710; Cass. Civ., Sez. II, sentenza 19.08.2021, n. 23133; Cass. Civ., Sez. II, ordinanza 12.09.2019, n. 22795).

Ciò comporta, infine, che pur non essendo espressamente previsto un termine entro il quale il Giudice debba decidere sull’istanza di liquidazione, il decreto (di accoglimento o rigetto) deve necessariamente intervenire entro un “termine ragionevole” e non dopo anni dal suo deposito (come talvolta avviene), trattandosi di provvedimento giudiziale di natura decisoria accedente a procedimento formalmente e sostanzialmente giurisdizionale e, quindi, soggetto al principio costituzionale (art. 111, comma 2, Cost.) e sovrannazionale (art. 6, C.E.D.U.) di ragionevole durata.

Chi scrive è stato autore, in più occasioni, di solleciti al Giudice della liquidazione, pur nella consapevolezza di poterlo in qualche modo “infastidire” o “tediare”, ma altrettanto consapevole che “qui iure suo utitur neminem laedit” e che, a mente dell’art. 3 della legge 117/1988, l’istanza di sollecito cui non segue, nel termine di trenta giorni, il provvedimento dovuto, può integrare “diniego di giustizia”.

Il problema, in definitiva, non è il deposito dell’istanza a mezzo SIAMM, ma, come al solito, far funzionare adeguatamente “la macchina della Giustizia”.