A legislazione vigente il coniuge, la parte dell’unione civile o il parente prossimo autori del femminicidio possano approfittare dei diritti in tema di disposizione delle spoglie della vittima per occultare le prove del delitto, così sviando (o tentando di sviare) il corretto iter del procedimento penale che venga nel frattempo avviato per l’accertamento dei fatti e delle responsabilità.
Segnaliamo a tal proposito che è stata approvata al Senato ed è ora all’esame della Camera dei deputati per l’approvazione definitiva la proposta di legge n. 2034 AC (proponenti Bongiorno ed altri) in tema di “Disposizioni in materia di spoglie mortali delle vittime di omicidio” (in allegato al post).
Nell’ottica del completamento dei numerosi interventi di riforma che si sono succeduti negli ultimi anni in chiave di contrasto al femminicidio emerge la non rinviabile necessità di un ulteriore intervento, diretto a introdurre alcuni correttivi al codice penale e al regolamento di polizia mortuaria al fine di evitare che il coniuge, la parte dell’unione civile o il parente prossimo autori del femminicidio possano approfittare dei diritti in tema di disposizione delle spoglie della vittima che oggi l’ordinamento riconosce loro per occultare le prove del delitto, così sviando (o tentando di sviare) il corretto iter del procedimento penale che venga nel frattempo avviato per l’accerta mento dei fatti e delle responsabilità.
Attualmente infatti l’articolo 79, comma 1 del regolamento di polizia mortuaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, nel prevedere in linea generale che la cremazione di ciascun cadavere deve essere autorizzata dal sindaco sulla base della volontà testamentaria espressa in tal senso dal defunto, stabilisce che, in mancanza di disposizione testamentaria, la volontà deve essere manifestata dal coniuge e, in difetto, dal parente più prossimo individuato secondo gli articoli 74 e seguenti del codice civile, ovvero, nel caso di concorrenza di più parenti nello stesso grado, da tutti gli stessi.
È altresì noto che il comma 20 dell’articolo 1 della legge 20 maggio 2016, n. 76, in tema di regolamentazione delle unioni civili fra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze prevede che le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, cosicché non può esservi dubbio che la suddetta equiparazione si estenda altresì all’esercizio dei richiamati diritti riconosciuti dal regolamento di polizia mortuaria.
Per quanto già oggi la volontà da chiunque espressa di procedere alla cremazione della salma (che necessità comunque dell’autorizzazione del sindaco) subisca delle limitazioni, a norma dell’articolo 79, commi 4 e 5, in caso di morte improvvisa o sospetta (ipotesi nelle quali occorre altresì il nulla osta dell’autorità giudiziaria), appare comunque necessario, alla luce degli allarmanti dati in tema di femminicidio, introdurre disposizioni ancora più restrittive, sia in chiave preventiva che repressiva, al fine di evitare il rischio che l’esercizio dei diritti relativi alla disposizione delle spoglie mortali della vittima possa essere scaltramente strumentalizzato dell’autore del delitto per rendere più arduo l’accertamento dei fatti ed eludere le proprie responsabilità.
