Tardiva traduzione dell’ordinanza applicativa di misura cautelare nei confronti di imputato alloglotta: effetti (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 9794/2025, udienza del 6 marzo 2025, ha ribadito che, in tema di intempestiva traduzione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare nei confronti di destinatario alloglotta, deve essere fatto riferimento ai principi dettati da Sez. U, n. 15069 del 26/10/2023, dep. 2024, Niecko, Rv. 286356, in base ai quali l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di un imputato o indagato alloglotta, ove sia già emerso che questi non conosca la lingua italiana, è affetta, in caso di mancata traduzione, da nullità ai sensi del combinato disposto degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen.

Mentre ove, invece, non sia già emerso che l’indagato o imputato alloglotta non conosca la lingua italiana, l’ordinanza di custodia cautelare non tradotta emessa nei suoi confronti è valida fino al momento in cui risulti la mancata conoscenza di detta lingua, che comporta l’obbligo di traduzione del provvedimento in un congruo termine, la cui violazione determina la nullità dell’intera sequenza di atti processuali compiuti sino a quel momento, in essa compresa l’ordinanza di custodia cautelare.

Sul punto, la sentenza delle Sezioni unite si è posta in linea di continuità con precedente giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 5052 del 24/09/2003, dep. 2004, Zalagaitis, Rv. 226717, con indirizzo successivamente ribadito da altre pronunce; tra le altre, Sez. 4, n. 33802 del 18/05/2017, Rv. 270610; Sez. 3, n. 14990 del 18/02/2015, Rv. 263236; Sez. 3, n. 26846 del 29/04/2004, Rv. 229295), secondo la quale la mancata traduzione dell’ordinanza cautelare – qualora fosse già emersa la mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’indagato – è idonea a determinare una nullità a regime intermedio.

Mentre, nel caso in cui il dato della mancata conoscenza sia emerso successivamente, è onere dell’autorità procedente disporre la traduzione dell’ordinanza in lingua nota all’indagato entro un termine che, ai sensi dell’art.143, comma 2, cod. proc. pen., deve essere “congruo”; giudizio di congruità in ordine al quale, come già specificato dalla giurisprudenza anteriore rispetto alla modifica dell’art.143 cod. proc. pen. intervenuta per effetto del d.lgs. 4 marzo 2014, n.32, occorre, tra l’altro, tenere «conto dei tempi tecnici richiesti per il reperimento dell’interprete e l’effettuazione della traduzione, con la conseguenza che nessuna nullità sussiste quando tali tempi siano contenuti nell’arco di pochi giorni» (Sez. 6, n. 48469 del 04/12/2008, Rv. 242147; in senso conforme, si veda anche Sez. 6, n. 9041 del 15/02/2006, Rv. 233916). Dovendosi, sul punto, fare riferimento alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, secondo la quale, in relazione all’art.6, par.3, lett. a), la traduzione di un atto processuale deve avvenire, ovviamente compatibilmente con quanto già sottolineato sopra, “nel più breve tempo possibile”, con la conseguenza che, acquisita la conoscenza dell’ignoranza della lingua italiana da parte della persona nei cui confronti si procede, l’autorità giudiziaria deve individuare senza ritardo un interprete che conosca la lingua dell’imputato o dell’indagato alloglotta, per consentirgli di esercitare il suo diritto di difesa (tra le altre, Corte EDU, Bhiarki c. Islanda, 15/03/2022, n. 30965/17; Corte EDU, 08/03/2002, Tonkov c. Belgio, n. 41115/14; Corte EDU, 18/12/2018, Murtazaliyeva c. Russia, n. 36658/05; Corte EDU, 09/11/2018, Beuze c. Belgio, n. 71409/10; Corte EDU, 27/11/2011, Stojkovic c. Francia e Belgio, n. 25303/08).

Appare del tutto rispettoso dei predetti principi il deposito della traduzione avvenuto dopo sedici giorni dall’incarico, in presenza di un provvedimento articolato su 43 pagine; rimanendo del tutto neutro il dato in base al quale la traduzione sia stata depositata dopo la scadenza del termine per proporre riesame, proprio in considerazione della conclusione – che non appare smentita dal tenore complessivo della pronuncia delle Sezioni unite – in base alla quale, in caso di traduzione disposta in sede di interrogatorio di garanzia, il termine per proporre l’impugnazione ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. deve intendersi decorrente dal deposito della traduzione (cfr. Sez. 6, n. 50766 del 12/11/2014, Rv. 261537; Sez. 5, n. 10993 del 05/12/2019, dep. 2020, Rv. 278883; Sez. 6, n. 27103 del 02/05/2024 n. 6530, Rv. 286797); conseguendone che, nel caso di specie, l’indagato ha proposto istanza di riesame nell’esercizio di un’autonoma scelta difensiva e pure non essendo astrattamente iniziato il termine per la presentazione del gravame.

Va comunque sottolineato che, sulla base del percorso argomentativo del citato arresto delle Sezioni unite, anche la questione attinente alla effettiva congruità del termine per il deposito della traduzione dell’ordinanza costituisce elemento di fatto che se – come nel caso di specie – sia stata oggetto di congrua motivazione, sfugge al sindacato di legittimità (cfr.par.8 del “considerato in diritto”).

Rilevando altresì, in riferimento ad altra specifica doglianza del ricorrente, che in nessun punto della pronuncia delle Sezioni unite viene stabilita la necessità – in conformità, peraltro, con il quadro normativo – che il giudice procedente fissi all’interprete un termine fisso per il deposito della traduzione.

D’altra parte, al dato della intervenuta presentazione della richiesta di riesame, si riconnette quello inerente a un ulteriore profilo di inammissibilità della doglianza. Difatti, le Sezioni unite hanno ribadito che il soggetto alloglotta che lamenta la violazione delle sue prerogative difensive, per effetto della mancata traduzione del provvedimento restrittivo adottato nei suoi confronti, non può semplicemente limitarsi a dolersi dell’omissione ma, in coerenza con la natura generale a regime intermedio delle nullità, che, nella specie, vengono in rilievo, ha l’onere di indicare l’esistenza di un interesse a ricorrere, concreto, attuale e verificabile, non rilevando, in tal senso, la mera allegazione di un pregiudizio astratto o potenziale (tra le altre, Sez. 2, n. 33455 del 20/04/2023, Rv. 285186, nonché, successivamente, Sez. 1, sentenza n. 44251 del 16/10/2024, Rv. 287282; Sez. 6, n. 2714 del 04/12/2024, dep. 2025).

Nel caso di specie, il ricorrente non ha allegato alcun effettivo pregiudizio difensivo derivante dall’omessa traduzione dell’ordinanza, pregiudizio che appare anzi smentito proprio dal dato della presentazione di un’istanza di riesame non limitata ai predetti profili processuali ma estesa anche al merito con contestazione analitica dei profili inerenti alla gravità indiziaria.