Intercettazioni: individuazione di un conversante operata dalla polizia giudiziaria (Riccardo Radi)

Da una intercettazione la polizia giudiziaria individua ed identifica, uno dei due interlocutori e la richiesta, della difesa, di eseguire una perizia fonica viene disattesa per l’attendibilità accordata al teste dal “prudente apprezzamento” del giudicante.

La Cassazione sezione 2 con la sentenza numero 10310/2025 ha ribadito il principio di diritto secondo cui le dichiarazioni degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che abbiano asserito di aver riconosciuto la voce dell’imputato sono legittimamente utilizzabili ai fini dell’identificazione degli interlocutori coinvolti in conversazioni intercettate nel corso delle indagini preliminari, quando è ritenuta attendibile la deposizione di colui che afferma di identificarlo con sicurezza, senza che sia necessario espletare perizia fonica (vedi Sez. 2, n. 12858 del 27/01/2017, Rv. 269900 – 01; Sez. 5, n. 20610 del 09/03/2021, Rv. 281265 – 02 e da ultimo Sez. 2, n. 44818 del 15/10/2024, non massimata).

Il momento ricognitivo costituisce, invero, parte integrante della testimonianza, di tal che l’affidabilità e la valenza probatoria dell’individuazione informale discendono dall’attendibilità accordata al teste e alla deposizione dal medesimo resa, valutata alla luce del prudente apprezzamento del decidente che, ove sostenuto da congrua motivazione, sfugge al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 6, n. 12501 del 27/01/2015, Rv. 262908-01; Sez. 4, n. 47262 del 13/09/2017, Rv. 271041 – 01, di recente negli stessi termini Sez. 3, n. 41229 del 28/06/2024, non massimata).

Nel caso di specie i giudici di appello, senza fratture logiche nel ragionamento giustificativo della decisione, hanno correttamente ritenuto utilizzabili le dichiarazioni con cui il Brig. M. ha riferito “di conoscere perfettamente la voce dell’odierno imputato poiché, per ragioni di servizio, si era trovato in più occasioni a parlare con il medesimo”.

Tale affermazione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.

Deve essere, peraltro, ribadito, in relazione all’eccepita violazione dell’art. 216 cod. proc. pen. e alla conseguente inutilizzabilità dell’intercettazione n. 1380 del 26 maggio 2015, che l’identificazione effettuata in sede dibattimentale non obbedisce alle formalità previste per la ricognizione in senso proprio, di cui agli artt. 213 e seguenti cod. proc. pen., siccome riferibile esclusivamente al contenuto di identificazioni orali del testimone, per cui vige la disciplina degli artt. 498 e seguenti cod. proc. pen., sì che da esse come da ogni elemento indiziario o di prova il giudice può trarre il proprio libero convincimento (Sez. 5, n. 37497 del 13/05/2014, Rv. 260593 – 01; Sez. 5, n. 23090 del 10/07/2020, Rv. 279437–01; Sez. 2, n. 23970 del 31/03/2022, Rv. 283392 – 01, da ultimo Sez. 2, n. 41960 del 25/09/2024, non massimata).

La doglianza difensiva va nel senso contrario a un orientamento di legittimità mai contrastato e che viene costantemente affermato da più di un trentennio, visto che il primo arresto giurisprudenziale in tal senso risale ai primi anni Novanta (Sez. 1, n. 6922 del 11/05/1990, Rv. 190569- 01).

In conclusione, è sufficiente dire che la voce registratata nella telefonata è di A.C. posso confermarlo perché, spesso, con lui ho giocato a carte al Bar.

Questo può bastare per condannare una persona.