Concorso “anomalo” : criteri per affermare la responsabilità per il reato diverso commesso dal concorrente (Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 2 con la sentenza numero 9214/2025 ha ricordato che in tema di concorso di persone nel reato, la configurabilità del concorso cosiddetto “anomalo” di cui all’art. 116 cod. pen. è soggetta a due limiti negativi e cioè che l’evento diverso non sia voluto neppure sotto il profilo del dolo alternativo o eventuale e che l’evento più grave, concretamente realizzato, non sia conseguenza di fattori eccezionali, sopravvenuti, meramente occasionali e non ricollegabili eziologicamente alla condotta criminosa di base

Prosegue la Suprema Corte sottolineando che in tema di concorso anomalo ex art. 116 cod. pen., l’affermazione di responsabilità per il reato diverso commesso dal concorrente richiede la verifica della sussistenza di un nesso, non solo causale ma anche psicologico, tra la condotta del soggetto che ha voluto soltanto il reato meno grave e l’evento diverso, che si identifica con il coefficiente della colpa in concreto, da accertarsi, secondo gli ordinari criteri della prevedibilità del diverso reato, sulla base della personalità dell’esecutore materiale e del contesto fattuale nel quale l’azione si è svolta” (Sez. 5, n. 306 del 18/11/2020, dep. 2021, Tasca, Rv. 280489), deve anche essere richiamato il canone ermeneutico, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, per cui «In tema di concorso di persone nel reato, la configurabilità del concorso cosiddetto “anomalo” di cui all’art. 116 cod. pen. è soggetta a due limiti negativi e cioè che l’evento diverso non sia voluto neppure sotto il profilo del dolo alternativo o eventuale e che l’evento più grave, concretamente realizzato, non sia conseguenza di fattori eccezionali, sopravvenuti, meramente occasionali e non ricollegabili eziologicamente alla condotta criminosa di base» (Sez. 1, n. 44579 del 11/09/2018, B., Rv. 273977; nello stesso senso, Sez. 6, n. 20667 del 12/02/2008, Scambia, Rv. 240060).

Tanto, in ossequio al pacifico indirizzo per cui la responsabilità del compartecipe ai sensi dell’art. 116 cod. pen. presuppone che il reato diverso commesso dal concorrente si rapporti alla psiche dell’agente, nell’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, come uno sviluppo logicamente e concretamente prevedibile di quello voluto, in tal modo configurandosi l’elemento necessario della colpevolezza, sotto le forme del dolo per il reato concordato e della colpa per l’evento realizzato (così, tra le tante, Sez. 1, n. 12740 del 09/11/1995, dep. 1996, Fortebraccio, Rv. 203347 – 01).

In argomento, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al risalente, ma ancora attuale, insegnamento secondo cui «Il fondamento della particolare ipotesi di concorso nel reato di cui all’art. 116 cod. pen., deve essere ravvisato nel fatto che, mentre colui il quale commetta da solo il reato è in grado, in ogni momento, di controllare lo sviluppo della sua condotta e dirigere la stessa verso l’evento previsto e voluto, invece colui il quale si unisce ad altri per porre in essere un’azione criminosa è costretto ad affidarsi anche alla condotta e alla volontà dei complici, quale che ne sia il grado di partecipazione e il ruolo, per il compimento dell’azione stessa. Ne deriva che in tale situazione egli non deve sottovalutare il pericolo che i compartecipi o taluno di essi abbiano a deviare dall’azione principale con l’assumere iniziative per fronteggiare eventuali difficoltà sopravvenute improvvisamente, così eccedendo dai limiti del concordato concorso e realizzando un reato diverso e più grave di quello inizialmente dovuto» (Sez. 1, n. 10795 del 25/06/1999, Gusinu, Rv. 214113 – 01).

Fermo quanto precede, nel caso in esame, deve escludersi che la sequenza degli accadimenti sia stata influenzata da circostanze eccezionali, imprevedibili e non ricollegabili all’azione criminosa, tali da interrompere il nesso causale tra la condotta voluta ed il reato più grave, restando, piuttosto, confermato; correttamente, pertanto, la Corte di appello ha ritenuto che la spontanea adesione ad un progetto criminoso che contemplava una “spedizione” a casa della persona offesa per recuperare il telefono cellulare della F. senza alcun certezza di poterlo reperire comportava necessariamente che la situazione potesse degenerare e che quindi la F. si sarebbe potuta impossessare di altri beni della persona offesa, con conseguente sussistenza di un nesso non solo causale, ma anche psicologico tra la condotta degli imputati che avevano voluto il reato meno grave e l’evento diverso realizzato.

Nello specifico, la Corte di appello di Bologna, confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto F,F, C,C, A,A, responsabili per i reati di rapina aggravata e lesioni ai danni di L. e di danneggiamento; secondo l’imputazione, era stata organizzata una “spedizione” da parte di F.F. presso l’abitazione della persona offesa L., ex convivente della F.F., in quanto la stessa intendeva recuperare il suo telefono cellulare, ma nel corso della spedizione, durante la quale erano state cagionate lesioni a L. e danneggiati alcuni oggetti presenti nell’abitazione, gli imputati si erano impossessati di un orologio, del portafoglio e di alcuni documenti di L.; Levote e C.C. e A.A. erano stati ritenuti concorrenti ai sensi dell’art. 116 cod. pen.