L’incredibile caso della Corte di appello di Roma che emette un decreto di citazione per udienza camerale “al solo fine di dichiarare la prescrizione” e poi dichiara inammissibile l’impugnazione e rende esecutiva la sentenza (Riccardo Radi)

Un collega mi ha segnalato, documentandolo, un caso davvero singolare.

La Corte di appello capitolina, in persona del presidente della sezione interessata, gli notifica un decreto di citazione (allegato alla fine del post) per udienza camerale ove è stampata in alto a destra in bella vista la dicitura “al solo fine di dichiarare la prescrizione”.

Tutto è bene quel che finisce bene?

Niente affatto poiché, inopinatamente, nella data programmata l’esito della camera di consiglio è ben diverso da quello atteso: l’appello è dichiarato inammissibile per assoluta genericità dei motivi e la sentenza impugnata è dichiarata esecutiva (il dispositivo è anch’esso allegato alla fine del post).

Sorgono naturali alcune domande: dove sono andati a finire la mitica “cultura della giurisdizione”, che al pari dell’Araba Fenice appare e scompare secondo convenienza, e il leggendario principio della “lealtà processuale”, peraltro invocato solo quando serve a stigmatizzare presunti abusi processuali della difesa e negarle l’esercizio di questa o quella facoltà?

Ancora: chissà se i componenti del collegio d’appello romano erano tra quelli che hanno scioperato sventolando la Costituzione ed esponendo cartelloni con le frasi di Calamandrei?

Chissà, in caso ci fossero, se hanno conservato la coccarda tricolore?

Piacerebbe saperlo.