Scriminante dello stato di necessità: la casistica nella più recente giurisprudenza di legittimità (redazione)

Occupazione illecita di un bene immobile

Cassazione penale, Sez. 7^, ordinanza n. 9029/2025, udienza del 18 febbraio 2025

L’illecita occupazione di un bene immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente al danno grave alla persona, che ben può consistere, oltre che in lesioni della vita o dell’integrità fisica, nella compromissione di un diritto fondamentale della persona come il diritto di abitazione, sempre che ricorrano, per tutto il tempo dell’illecita occupazione, gli altri elementi costitutivi, e cioè l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo.

Cassazione penale, Sez. 7^, ordinanza n. 9014/2025, udienza del 18 febbraio 2025

L’occupazione arbitraria di un appartamento di proprietà dello IACP rientra nella previsione dell’art. 54 cod. pen. solo se ricorra il pericolo attuale di un danno grave alla persona, non coincidendo la scriminante dello stato di necessità con l’esigenza dell’agente di reperire un alloggio e risolvere i propri problemi abitativi.

Spaccio per necessità

Cassazione penale, Sez. 7^, ordinanza n. 8739/2025, udienza del 31 gennaio 2025)

Il cosiddetto “spaccio per necessità”, inteso come la cessione di sostanze stupefacenti per far fronte a uno stato di bisogno, non è configurabile, in quanto, ai fini dell’applicazione della scriminante dello stato di necessità, il pericolo di indigenza non è qualificabile come “grave e imminente”, né “altrimenti evitabile”, sussistendo sempre delle alternative lecite per far fronte al proprio stato di bisogno, come la richiesta di aiuto alle istituzioni o il ricorso a lavori leciti, nonché in ragione dell’interesse tutelato dalla norma di cui all’art. 73 d.P.R.309/1990, che protegge interessi superindividuali.

Abuso edilizio di limitate dimensione (Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 5831/2025, udienza del 15 gennaio 2025)

In tema di stato di necessità di cui all’art. 54 cod. pen., l’imputato ha un onere di allegazione avente per oggetto tutti gli estremi della causa di esenzione, sì che egli deve allegare di avere agito per insuperabile stato di costrizione, avendo subito la minaccia di un male imminente non altrimenti evitabile, e di non avere potuto sottrarsi, nemmeno putativamente, al pericolo minacciato, con la conseguenza che il difetto di tale allegazione esclude l’operatività dell’esimente (tra le altre, Sez. 1, n. 12619 del 24/1/2019, Rv. 276173).

Ciò premesso, non può essere accolta la tesi in forza della quale un abuso edilizio di limitate dimensioni sarebbe di per sé considerato “di necessità”; tale equazione non trova alcun riscontro nella giurisprudenza di legittimità.

La sentenza n. 40396 del 4/6/2019, pronunciata nella specifica materia della demolizione degli abusi edilizi non ha infatti sostenuto alcuna equiparazione tra abuso di limitate dimensioni ed abuso integrante lo stato di necessità, ma – in termini del tutto differenti – ha sostenuto che “l’abuso di necessità per esigenze abitative”, solo in astratto prevedibile, non aveva trovato alcun riscontro istruttorio.

Stato di indigenza (Cassazione penale, Sez. 7^, ordinanza n. 7194/2025, udienza del 22 gennaio 2025)

La situazione d’indigenza non di per sé idonea ad integrare la scriminante dello stato di necessità per difetto degli elementi dell’attualità e dell’inevitabilità del pericolo, in quanto alle esigenze delle persone che versano in tale stato è possibile provvedere per mezzo di istituti di assistenza sociale, tanto più ove, come nel caso di specie, il soggetto agente benefici del reddito di cittadinanza.

Uccisione di un animale per salvarne un altro (Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 9192/2025, udienza del 14 gennaio 2025)

L’art. 54 cod. pen., opera, per espressa previsione normativa, solo nel caso di necessità di salvare se stessi od altri dal pericolo di un danno grave alla persona e dunque delimita in maniera del tutto netta ed inequivoca l’ambito di operatività della scriminate al pericolo cui possa essere soggetto un individuo.

L’esimente in esame postula che l’azione sia indotta da un pericolo imminente di un danno grave alla persona e non può essere invocata per escludere la punibilità per colui che uccide animali appartenenti a specie protette allo scopo di tutelare la vita di altro animale appartenente a specie protetta e utilizzato come richiamo.

Collaborazione nelle condotte di sevizie e torture perpetrate da un soggetto ristretto in un campo di prigionia per migranti per ottenere la sua liberazione ed un miglior trattamento (Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 342/2025, udienza del 15 novembre 2024)

Il comportamento di chi all’interno di una precaria imbarcazione predisposta per una pericolosa traversata in mare aperta procura lesioni ad altri migranti, li sottopone a violenza e li costringe a rimanere sottocoperta, non può essere giustificato ai sensi dell’art. 54 cod. pen.          La situazione in cui versavano gli imputati deve considerarsi assimilabile a quella per la quale Sez. 6, n. 24225 del 16/03/2021, Rv. 281526 – 01 ha affermato: «la scriminante dello stato di necessità è configurabile a condizione che l’agente non abbia altra scelta all’infuori di quella di subire il conseguente danno o di porre in essere l’azione che gli si imputa come reato e sempre che tra il pregiudizio temuto e l’azione di difesa sussista un giusto rapporto di proporzione. (Fattispecie in cui è stata esclusa la configurabilità della scriminante di cui all’art. 54 cod. pen. con riferimento alle condotte di sevizie e di torture perpetrate da un soggetto ristretto in un campo di prigionia per migranti che, per ottenere la sua liberazione ed un miglior trattamento, aveva collaborato con i carcerieri ponendo in essere gravi condotte criminose in danno di altri prigionieri, sul presupposto della ritenuta insussistenza della mancanza di alternativa alla commissione delle crudeli vessazioni, nonché della sproporzione tra il pericolo paventato e le indicibili crudeltà commesse) (Conf., Sez. 4, n. 8471 del 1973, Rv. 125559-01)».

Falsa testimonianza resa per timore di pregiudizi alla propria incolumità personale (Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 21074/2024, udienza del 9 aprile 2024)

il timore per eventuali ritorsioni dipendenti dalla testimonianza può rilevare ai fini del riconoscimento della scriminante dello stato di necessità ex art. 54 cod. pen., qualora sussista una situazione di pericolo concreto ed attuale, non essendo sufficiente che il teste si senta minacciato.

Non esiste un principio etico o giuridico che legittimi la falsa testimonianza per il timore di subire pregiudizio alla propria incolumità personale, essendovi, anzi, l’opposto interesse sotteso all’obbligo civico di collaborare con la giustizia anche nei casi in cui ciò possa esporre il testimone a pericolo di vita, avendo lo Stato il compito di tutelarlo.

Infatti, perché sussista lo stato di necessità occorre che l’azione costituente reato sia determinata non solo dalla incombenza di un pericolo grave, cui l’agente non abbia dato causa, ma anche dalla imminenza e dalla attualità del pericolo stesso di guisa che l’agente non abbia, in quel momento, altra scelta all’infuori di quella di subire il conseguente danno o di porre in essere l’azione che gli si imputa come reato e sempre che tra il pregiudizio temuto e l’azione di difesa sussista un giusto rapporto di proporzione.