Cassazione penale, Sez. 2^. Sentenza n. 9215/2025, udienza del 25 febbraio 2025, ha ribadito che, ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa.
Decisione impugnata
La Corte di appello di Firenze, con ordinanza del 12 novembre 2024, rigettava l’istanza di rescissione del giudicato proposta nell’interesse di MBT relativa alla condanna da lui subita con sentenza del Tribunale di Firenze per i reati di rapina aggravata, lesioni, furto tentato e ricettazione.
Ricorso per cassazione
Avverso l’ordinanza ricorre per cassazione il difensore di MBT, premettendo che nel verbale di identificazione e di elezione di domicilio erano stati indicati reati diversi da quelli per i quali era stato poi processato, che nel verbale dell’udienza preliminare veniva dato erroneamente atto che l’imputato aveva nominato un difensore di fiducia, e che il ricorrente era stato detenuto nei
periodi in cui era stata celebrata la gran parte delle udienze; inoltre, quando gli era stato lasciato l’avviso di deposito per la celebrazione dell’udienza, MBT non poteva recarsi presso le poste per ritirare l’avviso in quanto si trovava in carcere; né poteva rilevare il verbale di identificazione e la perquisizione effettuata in fase di indagine posto che, sebbene l’interessato fosse stato informato dell’esistenza di un’indagine penale a suo carico, non aveva avuto effettiva conoscenza del processo; il difensore rileva, infine, che l’imputato non aveva mai avuto alcun contatto con i difensori di ufficio.
Decisione della Corte di cassazione
Il ricorso è fondato.
L’articolo 629-bis (già 625-ter) del codice di procedura penale, norma di chiusura del sistema del giudizio in assenza, ha il significato di escludere l’accesso ad un nuovo giudizio a chi si sia posto volontariamente nelle condizioni di non avere adeguata notizia del processo, ponendo a
carico del ricorrente l’onere probatorio di dimostrare la incolpevole ignoranza dell’esistenza di un processo a suo carico.
A tale proposito, giova prendere le mosse da quanto precisato nella sentenza delle Sezioni unite penali n. 23948 del 28/11/2019 (PG/ Darwish, Rv. 279420-01), la quale ha precisato che “Ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa (principio affermato in relazione a fattispecie precedente all’introduzione dell’art. 162, comma 4-bis, cod. proc. pen. ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103)“.
Tale è il caso in esame, nel quale, oltre alla elezione di domicilio presso il difensore di ufficio da
parte dell’imputato, non risulta vi siano stati altri atti dai quali desumere che vi sia stato una effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra imputato e difensore di ufficio; a ciò si deve aggiungere che il difensore di ufficio originariamente nominato, si era cancellato dall’albo nel corso del processo, e la nuova nomina non era mai stata comunicata al ricorrente; né può avere alcun rilievo il fatto che costui non abbia ritirato la raccomandata con la quale veniva avvisato dell’udienza, in quanto vi è la prova documentale in atti che il ricorrente in quel periodo fosse detenuto.
Pertanto, si deve ritenere che la mera elezione di domicilio da parte del ricorrente presso il difensore di ufficio sia inidonea a fornire la prova della colpevole ignoranza della celebrazione del processo, in quanto nel caso concreto non vi è stata un’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’imputato; sul punto si veda anche Sez. 3, n. 11813 del 24/11/2020, dep. 2021, Rv. 281483 – 01, secondo cui: “in tema di rescissione del giudicato, dall’elezione del domicilio effettuata dall’indagato – anteriormente all’introduzione del comma 4-bis dell’art. 162 cod. proc. pen. da parte dell’art. 1 della legge 23 giugno 2017, n. 103 – presso il difensore d’ufficio nella fase delle indagini preliminari non discende una presunzione di conoscenza del processo o di volontaria sottrazione allo stesso, automaticamente preclusiva della rescissione del giudicato, dovendo il giudice verificare, attraverso ulteriori indici, l’effettiva instaurazione del rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del processo ovvero si sia volontariamente sottratto ad esso“.
Sulla base delle considerazioni che precedono, deve quindi essere annullata senza rinvio l’ordinanza impugnata, revocata la sentenza di condanna del ricorrente e sospeso l’ordine di esecuzione, con l’immediata scarcerazione dello stesso se non detenuto per altra causa. Gli atti, infine, vanno trasmessi al Tribunale di Firenze per l’ulteriore corso.
