Carta di credito ed utilizzo da parte del figlio del titolare: esclusa la non punibilità ex art. 649 c.p. (Redazione)

La Cassazione sezione 2 con la sentenza numero 7651/2025 ha ricordato che in ordine al reato di indebito utilizzo di una carta di credito previsto dall’ art. 55, comma 9, D.Lgs. n. 231 del 2007 (oggi confluito nell’ art. 493-ter c.p.) con riguardo alla asserita natura monoffensiva della condotta contestata alla quale potrebbe applicarsi, in via analogica, la causa di non punibilità di cui all’art. 649 c.p., si ribadisce il principio affermato secondo cui “non è applicabile l’esimente di cui all’art. 649 c.p., (fatti commessi in danno di congiunti) al delitto di indebito utilizzo di una carta di credito previsto dall’ art. 55, comma 9, D.Lgs. n. 231 del 2007 (oggi confluito nell’ art. 493-ter c.p.), nell’ipotesi in cui la condotta delittuosa sia stata posta in essere da un familiare (nel caso di specie il figlio) del titolare della carta, attesa la natura plurioffensiva del reato “de quo”, la cui dimensione lesiva trascende il mero patrimonio individuale per estendersi, in modo più o meno diretto, a valori riconducibili all’ambito dell’ordine pubblico, economico e della fede pubblica, mentre la previsione di cui all’art. 649 c.p., concerne esclusivamente i delitti contro il patrimonio ed ha una natura eccezionale che ne preclude l’applicazione in via analogica“, cassazione sezione 2 numero 47135/2019.

La Suprema facendo leva sulle affermazioni enunciate al riguardo dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 302 del 2000, oltre che sull’osservazione secondo cui la cui disciplina è dedicata a dare attuazione alla direttiva 2005/60CE – concernente, appunto, non la tutela del patrimoni in sé o semplicemente la certezza e speditezza del traffico giuridico ed economico, ma, soprattutto, la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo – nonché della direttiva 2006/70/CE, che ne reca misure di esecuzione (Sez. 2, n. 15834 del 08/04/2011, Rv. 250516), ha rilevato che il quadro normativo non permette di ricondurre la figura criminosa che viene qui in questione nell’alveo delle previsioni dei reati contro il patrimonio disciplinati dal codice penale ed ai quali soli è riferibile la speciale causa di non punibilità tracciata dall’art. 649 c.p., posto che la ragion d’essere di tale eccezionale norma di favore, pur volta a cautelare i rapporti familiari, che assumono risalto anche sul piano dei valori costituzionali, non può essere arbitrariamente “esportata” a copertura di condotte che offendono anche, ma non solo, i diritti patrimoniali del titolare della carta.

Tale argomento e cioè la natura plurioffensiva del reato contestato, consente di superare anche il secondo rilievo censorio che si appalesa anch’esso infondato, oltre che in fatto, poiché tende alla rivalutazione degli elementi probatori, conformemente interpretati nei due gradi di giudizio. I giudici del merito hanno infatti evidenziato come l’esistenza di una prassi familiare, non giustificasse il consenso nemmeno implicito del padre del A.A. all’utilizzo della carta da parte del figlio in quel preciso momento ed a quello scopo e cioè per l’acquisto della sostanza stupefacente.

La Corte di merito, in applicazione ai principi affermati da questa stessa Sezione (sent. n. 18609 del 16/02/2021, Rv. 281286) ha poi aggiunto che “in tema di indebita utilizzazione di carta di credito, deve essere esclusa l’operatività della scriminante del consenso dell’avente diritto, ai sensi dell’art. 50 cod. pen., atteso che il bene giuridico tutelato dalla fattispecie disciplinata dall’art. 493-bis cod. pen. non è solo il patrimonio del titolare della carta, ma anche la sicurezza delle transazioni commerciali, che costituisce interesse collettivo indisponibile dal privato”.

La Corte di appello ha anche rilevato che l’autorizzazione nemmeno poteva assumere rilievo ai fini dell’esclusione dell’elemento soggettivo del reato posto che l’imputato aveva agito nell’esclusivo interesse proprio e non del titolare della carta.