Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 6591/2025, udienza del 29 gennaio 2025, ha ricordato, richiamandosi a due pronunce della Suprema Corte (n. 14535 del 19/12/2006, Librato, Rv. 235909; n. 21957 del 22/03/2005, P.M. in proc. Rahulia ed altri, Rv. 231057), che in tema di disciplina della retrodatazione della decorrenza del termine di durata massima della custodia cautelare in caso di contestazione a catena, possono ricorrere tre distinte situazioni, alle quali corrispondono altrettante, distinte, regole operative.
Possono essere state emesse nello stesso procedimento penale due (o più) ordinanze applicative di misure cautelari personali che abbiano ad oggetto fatti-reato legati tra loro da concorso formale, continuazione o da connessione teleologica (casi di connessione qualificata), e per le imputazioni oggetto del primo provvedimento coercitivo non sia ancora intervenuto il rinvio a giudizio.
In queste circostanze trova applicazione la disposizione dettata dal primo periodo del comma 3 dell’art. 297 cod. proc. pen., secondo la quale la retrodatazione della decorrenza dei termini di durata della misura o delle misure applicate successivamente alla prima opera in via automatica e, dunque “indipendentemente dalla possibilità, al momento della emissione della prima ordinanza, di desumere dagli atti l’esistenza dei fatti oggetto delle ordinanze successive e, a maggior ragione, indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti l’esistenza degli elementi idonei a giustificare le relative misure” (così Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, Librato, cit.).
I fatti oggetto delle plurime ordinanze cautelari possono, invece, risultare avvinti dalla suindicata connessione qualificata e le ordinanze essere emesse in distinti procedimenti (e al riguardo non rileva se questi siano ‘gemmazione’ di un unico procedimento, nel cui ambito è stata disposta una separazione delle indagini per taluni fatti, oppure che essi abbiano avuto autonome origini).
In tale situazione si applica la regola dettata dal secondo periodo del comma 3 dell’art. 297 cod. proc. pen., sicché la retrodatazione della decorrenza dei termini di durata massima delle misure applicate con la successiva o le successive ordinanze opera solo se i fatti oggetto di tali provvedimenti erano desumibili dagli atti già prima del momento in cui è intervenuto il rinvio a giudizio per i fatti oggetto della prima ordinanza.
Infine, tra i fatti oggetto dei due (o più) provvedimenti cautelari può non esistere alcuna connessione, ovvero può configurarsi una forma di connessione non qualificata.
Questa ipotesi rientra nel campo applicativo dell’art. 297 cod. proc. pen. per effetto della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 408 del 2005.
Pertanto, se le due ordinanze sono state adottate in procedimenti formalmente differenti, per la retrodatazione occorre verificare, oltre che al momento della emissione della prima ordinanza vi fossero gli elementi idonei a giustificare l’applicazione della misura disposta con la seconda ordinanza, che i due procedimenti siano in corso dinanzi alla stessa autorità giudiziaria e che la separazione possa essere stata il frutto di una scelta del pubblico ministero (così Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, Librato, cit.; conf., in seguito, su tale specifico aspetto, Sez. 2, n. 44381 del 25/11/2010, Rv. 248895; Sez. 1, n. 22681 del 27/05/2008, Rv. 240099).
Va inoltre ricordato (si veda Sez. 4, n. 26824 del 19/6/2024) che, in tema di retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, la nozione di anteriore “desumibilità”, dagli atti inerenti alla prima ordinanza cautelare, delle fonti indiziarie poste a fondamento dell’ordinanza cautelare successiva, consiste non nella mera conoscibilità storica di determinate evenienze fattuali, ma nella condizione di conoscenza derivata da un determinato compendio documentale o dichiarativo che consenta al pubblico ministero di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità degli indizi, suscettibile di dare luogo, in presenza di concrete esigenze cautelari, alla richiesta e alla adozione di una nuova misura cautelare (Sez. 3, n. 48034 del 25/10/2019, Rv. 277351. Tra le non massimate, successivamente, Sez. 6, n. 44371 del 10/10/2024; Sez. 3, n. 11615 del 20/2/2024, con la quale è stato ribadito che il concetto di «anteriore desumibilità» è sinonimo di «specifica significanza processuale», intesa come acquisizione di esiti investigativi tale da consentire la formulazione di una gravità indiziaria idonea a ottenere l’applicazione di una misura cautelare).
