Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 7319/2025 del 15 gennaio 2025, si è pronunciata sulle conseguenze connesse alla mancata citazione ad opera di una parte del teste la cui deposizione sia già stata ammessa.
Il collegio ha rilevato al riguardo l’esistenza di un conflitto interpretativo nella giurisprudenza di legittimità.
Secondo un primo orientamento, l’omessa citazione non determinava di per se stessa la decadenza dalla prova, fatta eccezione per il caso che il giudice, ravvisandone la superfluità, decidesse di revocarla motivatamente (così, tra le tante, Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 29562/2014).
Il corollario di questa tesi era che il provvedimento di revoca immotivato in punto di superfluità comportava una nullità a regime intermedio, con il conseguente onere per la parte interessata presente di eccepirla immediatamente, ai sensi degli artt. 182 e 183, cod. proc. pen.
Tale indirizzo si prestava tuttavia all’obiezione di agevolare prassi dilatorie, intenzionali o frutto di mera negligenza che fossero.
Si era quindi formato un orientamento contrapposto per il quale all’omessa citazione dei testi ammessi seguiva la decadenza dalla prova della parte rimasta inerte (in termini, da ultimo, Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 33163/2020).
Ad esso va riconosciuto un duplice pregio: attribuire il giusto rilievo al potere giudiziale di organizzazione delle udienze, quale risultante normativamente dal complesso degli artt. 468, 495 e 496, cod. proc. pen., ed assicurare in modo coerente i principi di ragionevole durata del processo e di oralità e immediatezza nell’assunzione delle prove, che verrebbero svuotati di significato se la tempistica dell’assunzione della prova testimoniale dipendesse dall’arbitrio delle parti.
Questo secondo orientamento, peraltro, coniuga efficacemente e con equilibrio il diritto di difendersi provando e il potere giudiziale di adattare e modificare il programma probatorio in coerenza alle acquisizioni conoscitive e di trarre le corrette conseguenze dall’inerzia della difesa, la quale è sintomatica di disinteresse alla prova e quindi di irrilevanza della stessa.
Il collegio della seconda sezione penale ha ritenuto quindi di aderire a questo secondo orientamento.
