Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 45862/2024, udienza del 22 ottobre 2024, ha affermato che la sanzione pecuniaria applicabile nei casi di ricorso inammissibile costituisce una vera e propria sanzione irrogata in favore della Cassa delle ammende, comportando l’imposizione di un esborso non commisurato in alcun modo al costo del procedimento e finalizzata a disincentivare il ricorso per cassazione, così inducendo le parti private a ponderare in maniera particolarmente attenta l’opportunità di ricorrere a tale tipo di impugnazione, circoscritta a precisi motivi di impugnazione. Se, pertanto, deve escludersi la condanna all’ammenda allorché l’errore tecnico causativo dell’inammissibilità non sia dovuto a colpa (ad es. perché non percepibile al momento della sua proposizione, come nell’ipotesi di un imprevedibile mutamento di giurisprudenza che induca la Corte di cassazione a ritenere inammissibili ricorsi per il passato pacificamente non considerati tali, ovvero qualora il ricorrente rinunci all’impugnazione per sopravvenuta carenza di interesse derivante da causa a lui non imputabile) e, dunque, il ricorso per cassazione sia stato proposto ragionevolmente fidando nella sua ammissibilità, allorché il ricorrente non versi in tale situazione, la misura dell’ammenda andrà stabilita secondo un criterio graduale che tenga conto delle ragioni dell’inammissibilità, financo a giungere ad un aumento sino al triplo allorché l’impugnazione assuma natura “temeraria” (si pensi al motivo che fa riferimento a dati di fatto del tutto smentiti dalla realtà processuale ovvero persino inesistenti, ovvero all’ipotesi in cui ricorra un’ipotesi di “abuso del processo”).
