Si apprende da NT+Fisco di oggi, 22 febbraio 2025, che Maurizio Leo, Viceministro del dicastero dell’Economia e delle Finanze, ha proposto un tavolo di confronto con i magistrati della Sezione tributaria della Suprema Corte sull’impatto dei decreti attuativi della delega fiscale.
Vi si legge che la proposta di Leo è nata da alcune recenti pronunce di legittimità, in particolar modo la decisione n. 3800/2025, “che ha circoscritto alle sole sanzioni l’impatto della sentenza penale dibattimentale di assoluzione (con le formule “perché il fatto non sussiste” o “per non aver commesso il fatto” nel processo tributario”.
Si legge ancora che “La norma è stata inserita nel decreto attuativo sulle sanzioni (Dlgs 87/2024) della delega fiscale. Il viceministro ha ammesso che l’intenzione contenuta nel provvedimento era differente: “Noi abbiamo interpretato in tutt’altro modo” Quindi con un impatto destinato ad estendersi anche all’imposta accertata”.
In un nostro post di qualche giorno addietro (a questo link per la consultazione) avevamo presentato la decisione 3800/2025, allegandola in versione anonimizzata.
Qui resta da aggiungere qualche considerazione.
La notizia riportata da NT+Fisco fa una strana impressione.
La sentenza di cui si parla ha affermato questo principio di diritto: “L’art. 21-bis d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto con l’art. 1, d.lgs. n. 87 del 2024, poi recepito nell’art. 119 T.U. della giustizia tributaria, in base al quale la sentenza penale dibattimentale di assoluzione, con le formule perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, ha, nel processo tributario, efficacia di giudicato quanto ai fatti materiali, si riferisce, alla luce di una interpretazione letterale, sistematica, costituzionalmente orientata e in conformità ai principi unionali, esclusivamente alle sanzioni tributarie e non all’accertamento dell’imposta, rispetto alla quale la sentenza penale assolutoria ha rilievo come elemento di prova, oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice tributario unitamente agli altri elementi di prova introdotti nel giudizio”.
Il Viceministro afferma invece che la ratio di quella stessa norma era di estendere l’efficacia delle sentenze dibattimentali di assoluzione per insussistenza del fatto o per non aver commesso il fatto non solo alla sanzione ma anche all’imposta.
Ci si aspetterebbe che in una condizione del genere il Governo promuova una legge di interpretazione autentica, risolvendo il problema alla radice.
Eppure, non è questo che accade: il Viceministro chiede un incontro ai magistrati della Sezione tributaria nell’evidente speranza che la questione si risolva in modo dialogico.
Non pare un dialogo tra l’Esecutivo e la magistratura.
Pare piuttosto un incontro di vertice tra i ministri plenipotenziari di due Stati sovrani per risolvere problemi transfrontalieri.
Nasce da qui la strana impressione.
