Prospettare azioni giudiziarie per ottenere somme non dovute o manifestamente superiori a quelle dovute: è estorsione (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 25432/2024, udienza del 6 giugno 2024, ha affermato che integra gli estremi del reato di estorsione la minaccia di prospettare azioni giudiziarie al fine di ottenere somme di denaro non dovute o manifestamente sproporzionate rispetto a quelle dovute, qualora l’agente ne sia consapevole, potendosi individuare il male ingiusto prospettato nella pretestuosità della richiesta (Sez. 2, n. 19680 del 12/4/2022, Rv. 283199 – 02; Sez. 6, n. 47895 del 19/6/2014, Rv. 261217 – 01; Sez. 2, n. 48733 del 29/11/2012, Rv. 253844 – 01).

La minaccia di adire le vie legali, pur avendo un’esteriore apparenza di legalità, può, infatti, integrare l’elemento costitutivo del delitto di cui all’alt 629 cod. pen. quando sia formulata non con l’intenzione di esercitare un diritto, ma con lo scopo di coartare l’altrui volontà e conseguire risultati non conformi a giustizia (il principio è stato espresso in un caso in cui gli imputati avevano evocato vicende “inconfessabili” che sarebbero emerse nel corso di un instaurando processo civile, reclamando la corresponsione di un compenso non dovuto in cambio della mancata instaurazione di esso: Sez. 2, n. 36365 del 07/05/2013, Rv. 256874 – 01).

In secondo luogo, deve essere chiarito che, quando l’azione giudiziaria è concretamente promossa, il fatto che ci sia l’intervento del giudice, che è investito della cognizione della legittimità della pretesa, impedisce che si possa ipotizzare la sussistenza sia della costrizione illecita, che del profitto ingiusto dell’attore, il che osta alla possibilità di ritenere integrata l’estorsione (Sez. 2, n. 50652 del 10/11/2023, n.m.). Esiste infatti un’ontologica incompatibilità tra la promozione di cause civili, che implica l’intervento della mediazione del giudice, cui è affidata la valutazione della legittimità della pretesa, e l’azione estorsiva

Fatte queste premesse, si ritiene che l’estorsione può essere integrata se la promozione di azioni giudiziarie costituisce lo strumento utilizzato per costringere il convenuto ad accettare accordi “stragiudiziali” palesemente ingiusti, che non sarebbero mai stati considerati, se lo stesso non fosse stato costretto a resistere in più giudizi attivati in modo temerario.

Si ritiene, cioè, che la promozione di azioni temerarie non configura “di per sé” un tentativo di estorsione.

L’estorsione, sia in forma tentata, che consumata, può ritenersi integrata solo qualora l’azione promossa costituisca il mezzo per ottenere un profitto ingiusto “fuori dal giudizio”, essendo funzionale a costringere il convenuto, fiaccandone le resistenze economiche e morali, a consegnare somme a titolo formalmente “transattivo”, ma invero, privo di qualunque giustificazione, e, dunque, ingiusto.