Philip George Zimbardo (nato a New York nel 1933, morto a San Francisco nel 2024) è stato un notissimo psicologo ed ha insegnato a lungo nelle più prestigiose università americane.
Nel 1971, mentre insegnava a Stanford, condusse quello che passò alla storia come esperimento carcerario di Stanford che lo stesso Zimbardo raccontò nel libro “L’effetto Lucifero. Cattivi si diventa?”, pubblicato in Italia nel 2007 da Raffaello Cortina Editore, e dal quale venne tratto l’omonimo film, uscito nelle sale nel 2015.
Zimbardo e i suoi collaboratori selezionarono un campione di 24 studenti universitari di sesso maschile, di età compresa tra 20 e 30 anni, di carattere equilibrato, non inclini alla violenza e senza precedenti penali.
Fu allestito un finto carcere nei sotterranei dell’università e gli studenti vennero divisi a sorteggio in guardie e detenuti.
Zimbardo ritaglio per sé il ruolo di sovrintendente del carcere, così da poter sorvegliare quanto avveniva attraverso telecamere ed intervenire in caso di necessità senza interrompere l’esperimento.
Alle “guardie” furono assegnati occhiali da sole riflettenti e manganelli, i detenuti dovettero indossare indumenti che li omologavano e privavano della loro individualità.
Era previsto che l’esperimento durasse due settimane.
In realtà durò solo una settimana.
Fu Zimbardo ad interromperlo perché già dopo i primi giorni le guardie iniziarono ad usare violenza ed a comportarsi in modo sadico nei confronti dei detenuti e cinque di questi ultimi ebbero un crollo emotivo.
L’esperimento dimostrò che persone di buon carattere potevano arrivare a compiere gesti malvagi e perfino disumani in contesti che le spingevano ad allentare o annullare i loro naturali freni inibitori.
Il ruolo loro assegnato e l’ambiente entro il quale furono chiamati ad assumerlo ebbero un peso decisivo in questa trasformazione.
La conclusione, scontata, è che ognuno di noi ha la capacità di fare del bene e del male, di essere un angelo ma anche un demone e che le circostanze esterne in cui ci muoviamo e gli input che ci arrivano sono decisivi per determinarci in una direzione o nell’altra.
Se fuori dalle carceri si urlerà che bisogna buttare via le chiavi delle celle e se per ogni detenuto che si toglie la vita si dirà che è tanto meglio così, uno in meno da sfamare, avremo tanti Luciferi all’opera.
Il libro e il film dovrebbero essere imposti come materiale di insegnamento dovunque ci si prepari ad avere a che fare con l’esecuzione penale, quale che sia il ruolo che si assolverà. Magari non risolveremmo il problema carcerario ma almeno sentiremmo meno cazzate.
