L’ingiusta detenzione e l’abuso delle misure cautelari non fanno rima con azione disciplinare (Riccardo Radi)

In anteprima abbiamo pubblicato la Relazione del Ministero della Giustizia contenente i dati sulle misure cautelari e sulle riparazioni per ingiusta detenzione per l’anno 2024.

Si dice che la matematica non è un’opinione: 552 indennizzati nel 2024 per l’ingiusta detenzione (evidenziamo che le riparazioni derivante da errore giudiziario (art. 643 c.p.p.) non sono conteggiate, per capirci i Zuncheddu di turno non ci sono), il 23,1% delle misure cautelari (cioè quasi un quarto) delle misure custodiali emesse in procedimenti definiti sia connesso ad esiti che, in ipotesi, sarebbero in grado di sconfessarne la legittimità ab origine e a fronte di questo sono solo 2 (due) le azioni disciplinari intraprese nei confronti dei magistrati.

La Relazione permette di monitorare l’uso delle misure cautelari e le conseguenze del loro abuso che si concretizza con gli indennizzi per l’ingiusta detenzione subita.

Considerate nel loro totale, nell’88% dei casi le misure cautelari del 2024 sono state emesse in procedimenti conclusi con condanna definitiva o non definitiva e nel 12% in procedimenti conclusi con assoluzione o proscioglimento (rispettivamente 88,8% e 11,2% nel 2023).

Misure emesse nei procedimenti definiti distinte per tipologia delle misure

Si prendono qui in considerazione solo quelle di tipo custodiale.

Riguardo alla misura degli arresti domiciliari senza braccialetto nel 2024 il 7,2% sono state emesse in procedimenti conclusi con condanna definitiva a pena sospesa, il 6,1% con condanna non definitiva a pena sospesa, il 6,1% con assoluzione definitiva o non definitiva e il 3,7% con altro tipo di sentenza.

Riguardo alla misura della custodia cautelare in carcere, il 4,3% sono state emesse in procedimenti conclusi con condanna definitiva a pena sospesa, il 3,9% con condanna non definitiva a pena sospesa, il 6,1% con assoluzione definitiva o non definitiva e il 3,5% con altro tipo di sentenza.

Le misure custodiali continuano a pesare oltre il 50% del totale sicché proprio quelle che dovrebbero essere utilizzate come ultima risorsa sono, al contrario, la moneta più corrente.

L’esito dei procedimenti nei quali sono state emesse misure custodiali continua ad evidenziare un aspetto preoccupante: il 9,8% del totale sono state emesse in procedimenti con esito assolutorio o di proscioglimento e il 13,3% sono state emesse in procedimenti conclusi con condanna definitiva o non definitiva a pena sospesa.

Si ha ben presente la possibilità che una percentuale di assoluzioni, proscioglimenti e benefici della pena sospesa siano maturati in virtù di elementi conoscitivi o valutativi acquisiti nelle fasi successive a quelle dell’emissione della misura (e, se non la conosciamo questa percentuale, è perché la Relazione non la indica e non sembra neanche capace di rilevarla) ma fa comunque impressione che il 23,1% (cioè quasi un quarto) delle misure custodiali emesse in procedimenti definiti sia connesso ad esiti che, in ipotesi, sarebbero in grado di sconfessarne la legittimità ab origine.

La conseguenza diretta di quest’ultimo dato è che nel 2024 lo Stato ha speso 26,9 milioni di euro per risarcire 552 ingiuste detenzioni.

Volete sapere quante azioni disciplinari sono state avviate a fronte di questi dati?

Nel 2024 sono state promosse due azioni disciplinari per incolpazioni connesse ad ingiuste detenzioni.

Entrambe sono state proposte dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Non risultano invece iniziative analoghe del Ministro della Giustizia.

Le due azioni sono ancora in corso.

I numeri parlano: 552 indennizzati nel 2024, il 23,1% delle misure cautelari (cioè quasi un quarto) delle misure custodiali emesse in procedimenti definiti sia connesso ad esiti che, in ipotesi, sarebbero in grado di sconfessarne la legittimità ab origine e 2 (due) azioni disciplinari.

Sul dato delle iniziative disciplinari.

La Relazione così si esprime al riguardo:

Relativamente ai procedimenti disciplinari iniziati nei confronti dei magistrati, l’analisi normativa e il monitoraggio avviato dall’Ispettorato generale sulle ordinanze di accoglimento irrevocabile delle domande di riparazione per ingiusta detenzione consentono di ritenere:

l’assenza di correlazione tra il riconoscimento del diritto alla riparazione accertato nei citati provvedimenti e gli illeciti disciplinari dei magistrati;

che le anomalie che possono verificarsi in correlazione con l’ingiusta compressione della libertà personale in fase cautelare sono costantemente oggetto di verifica da parte degli Uffici ministeriali, sia nel corso di ispezioni ordinarie sia a seguito di esposti e segnalazioni delle parti, dei loro difensori e di privati cittadini, sia, infine, in esito alle informative dei dirigenti degli uffici;

il sistema disciplinare consente di intercettare e sanzionare condotte censurabili molto prima ed indipendentemente dalla verifica giudiziaria dei presupposti per il riconoscimento della riparazione da ingiusta detenzione.”.

Tutto va bene, quindi, compresa la latitudine così asfittica dell’attuale ordinamento disciplinare dei magistrati da rendere pressoché impossibile perseguire anche i casi più eclatanti di abuso del potere cautelare.

Così è anche se non ci pare.

Relazione del Ministero della Giustizia sulle misure cautelari e sulla riparazione per ingiusta detenzione per l’anno 2024: i dati sulle misure cautelari (redazione) – TERZULTIMA FERMATA