Immediata declaratoria di una causa di estinzione del reato: l’estinzione del reato per prescrizione non esonera il giudice dalla previa verifica dell’esistenza di condizioni tali da legittimare un’assoluzione nel merito (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 4802/2025, udienza del 15 gennaio 2025, ha chiarito, in adesione al consolidato indiritto delle Sezioni unite penali, che, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile; così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento.

Provvedimento impugnato

Il Tribunale di Catania, con sentenza dell’8 aprile 2024, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di QC, per essere il reato a lui ascritto estinto prescrizione.

A costui erano contestati i reati di cui all’art. 17, comma 1, lett. a), 55 d.lgs. n. 81 del 2008 (capo A), di cui all’art. 43 comma 1 lett. b), c) e d), art. 55 d.lgs. n. 81 del 2008 (capo B), quale datore di lavoro in quanto socio al 50% della società M., il cui amministratore unico era FB. Accertati l’8/12/2018.

Ricorso per cassazione

Avverso la sentenza il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo con un unico e articolato motivo il vizio di motivazione in relazione alla mancata valutazione in capo all’imputato della qualifica di datore di lavoro e della conseguente mancata assoluzione per non avere commesso il fatto.

Al ricorrente erano contestate due violazioni: l’avere omesso la predisposizione del DVR per í lavoratori dipendenti (art. 17 d. lgs. n. 81 del 2008) e per non avere provveduto alla designazione dei lavoratori ai sensi dell’art. 18 citato e informato gli stessi circa le misure da adottare in caso di pericolo (art. 43 d. lgs. n. 81 del 2008) nella qualità di datore di lavoro individuata nell’essere, il ricorrente, socio al 50% della società M.

Il Tribunale, nonostante la difesa avesse argomentato e richiesto l’assoluzione per non avere commesso il fatto, non potendosi configurare la qualifica di datore di lavoro in capo al socio, non essendo costui annoverato nel catalogo soggettivo di cui all’art. 2 lett. b) del d. lgs. n. 81 del 2008, avrebbe erroneamente dichiarato la prescrizione del reato in luogo del proscioglimento di merito.

Chiede l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non avere commesso il fatto ai dell’art. 129 comma 2 cod. proc. pen.

Decisione della Corte di cassazione

Occorre misurarsi con i principi stabiliti da Sez. U, n. 17179 del 2002, Conti, Rv. 221403, che richiama il conforme arresto di Sez. U, n. 1021 del 28/11/2001, Cremonese, Rv. 220511, e Sez. U., n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274 – 01).

Di particolare interesse è la ricostruzione svolta dalla sentenza Conti in merito alle finalità perseguite dall’istituto previsto dall’art. 129 cod. proc. pen.:

«a) l’art. 129 cod. proc. pen. è disposizione che opera con carattere di pregiudizialità nel corso dell’intero iter processuale, ed assolve a due funzioni fondamentali: la prima è quella di favorire l’imputato innocente, prevedendo l’obbligo dell’immediata declaratoria di cause di non punibilità «in ogni stato e grado del processo», la seconda è quella di agevolare in ogni caso l’exitus del processo, ove non appaia concretamente realizzabile la pretesa punitiva dello Stato;

b) implicita alle sopraindicate funzioni ne è individuabile una terza, consistente nel fatto che l’art. 129 rappresenta, sul piano processuale, la proiezione del principio di legalità stabilito sul piano del diritto sostanziale dall’art. 1 cod. pen. In sostanza, l’art. 129 si muove nella prospettiva di interrompere, allorché emerga una causa di non punibilità, qualsiasi ulteriore attività processuale e di addivenire immediatamente al giudizio, cristallizzando l’accertamento a quanto già acquisito agli atti;

c) l’eventuale interesse dell’imputato a proseguire l’attività processuale in vista di un auspicato proscioglimento con formula liberatoria di merito sarebbe tutelato dalla possibilità di rinunciare alla prescrizione e deve bilanciarsi, alla luce della normativa vigente, con l’obiettivo, di pari rilevanza, della sollecita definizione del processo, che trova fondamento nella previsione di cui all’art 111, secondo comma, Cost., che codifica il principio della ragionevole durata del processo;

d) deve riconoscersi priorità all’immediata operatività della causa estintiva anche rispetto alle questioni di nullità assoluta, fatto salvo il limite dell’evidente innocenza dell’imputato che il legislatore si è preoccupato di tutelare con la previsione contenuta nel comma 2 dell’art. 129 cod. proc. pen.

Le Sezioni unite Tettamanti, al riguardo, hanno affermato, altresì, il principio secondo il quale, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile; così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento.

La sentenza impugnata, emessa nel dibattimento, si è limitata a rilevare la maturazione della prescrizione, senza alcun riferimento neppure implicito a fronte della richiesta di assoluzione dell’imputato, dell’assenza di elementi immediatamente percepibili ictu oculi, per il proscioglimento nel merito nella prospettiva della constatazione dell’insussistenza del fatto o della commissione dello stesso da parte dell’imputato, senza compire, in altri termini, alcuna valutazione in ordine all’applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen. secondo i canoni ermeneutici sopra enunciati.

Tale valutazione doveva essere compiuta dal Tribunale in sede di giudizio nel quale ha rilevato e dichiarato la causa di proscioglimento per prescrizione senza alcun riferimento all’applicazione dell’art. 129 sia nella fattispecie di cui al comma 1 che del comma 2.

La sentenza va pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale.