La Cassazione sezione 1 con la sentenza numero 5796 depositata, oggi, 12 febbraio 2025 ha stabilito che l’articolo 54, Ordinamento penitenziario, prevede, quale requisito per l’accesso alla liberazione anticipata, la dimostrazione della partecipazione del condannato all’opera di rieducazione e la sua concessione, che è concreto riconoscimento di tale partecipazione, è finalizzata ad agevolare il suo reinserimento nel contesto sociale.
La valutazione della sussistenza di tale presupposto deve avvenire secondo i criteri dettati dalla disposizione di cui all’art. 103, comma 2, del Regolamento di esecuzione di cui al d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, ossia in riferimento al duplice profilo dell’impegno dimostrato dal detenuto: “La partecipazione del condannato all’opera di rieducazione è valutata con particolare riferimento all’impegno dimostrato nel trarre profitto dalle opportunità offertegli nel corso del trattamento e al mantenimento di corretti e costruttivi rapporti con gli operatori, con i compagni, con la famiglia e la comunità esterna”.
Tale disposizione subordina la concessione della liberazione anticipata alla prova che il detenuto abbia tenuto regolare condotta e partecipato all’opera di rieducazione.
In particolare, in materia vale il principio secondo il quale l’oggetto della valutazione del Tribunale di sorveglianza è la partecipazione, nel semestre temporale di riferimento, del condannato all’opera di rieducazione e non il conseguimento dell’effetto rieducativo (Sez. 1, n. 5877 del 23/10/2013, Rv. 258743, che ha annullato con rinvio il diniego della liberazione anticipata motivato in ragione della commissione di gravi reati a distanza di circa sei anni dalla fine dell’esecuzione della prima parte della pena e dell’evasione al termine del secondo periodo di detenzione, senza compiere alcun esame dell’impegno dimostrato dal condannato nel corso di ciascuno dei semestri rilevanti ai fini della concessione del beneficio).
La finalità principale assolta dall’istituto della liberazione anticipata è quella di consentire un più efficace reinserimento nella società del condannato che abbia offerto la prova di partecipazione all’opera di rieducazione (C. Cost. n. 352 del 1991) ed è solamente detta partecipazione che viene richiesta dalla norma e che è evidentemente considerata dal legislatore di per sé sintomatica di un percorso che va incoraggiato e premiato: senza che occorra anche la dimostrazione di quel ravvedimento che si richiede invece, probabile o sicuro, per l’accesso alle più incisive misure extra-murarie (C. cost. n. 276 del 1990).
