Il codice del rito penale contiene due previsioni da leggere in connessione tra loro, perché così impone espressamente il legislatore.
La prima è contenuta nell’art. 333, comma 3, cod. proc. pen. a norma del quale “Delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso, salvo quanto disposto dall’articolo 240”.
La seconda è il primo comma dell’appena richiamato art. 240, cod. proc. pen., rubricato “Documenti anonimi ed atti relativi ad intercettazioni illegali”, a norma del quale “I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti nè in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall’imputato”.
Sembrerebbe dunque ad un primo sguardo che atti e comunicazioni di autore ignoto (o, il che è lo stesso, noto solo alle forze di polizia) siano inservibili nella sede penale ma chi fosse di questa opinione si sbaglierebbe di grosso.
La giurisprudenza di legittimità mostra infatti al riguardo una notevole apertura.
Si evidenzieranno di seguito i tanti casi nei quali le denunce anonime sono ritenute in grado di innescare sequenze procedimentali.
Spunti investigativi
La denuncia anonima non può essere probatoriamente utilizzata per lo svolgimento di attività di ricerca della prova, in quanto questa presuppone l’esistenza di indizi di reato; tuttavia, in virtù del principio di obbligatorietà dell’azione penale, le notizie ivi contenute possono e debbono costituire spunti per l’investigazione del pubblico ministero o della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi gli estremi utili per la individuazione di una valida notizia “criminis” (Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 42647/2024, udienza del 3 ottobre 2024).
Sequestro di sostanze stupefacenti
È legittimo il sequestro della sostanza stupefacente eseguito dalla polizia giudiziaria d’iniziativa a seguito di perquisizione disposta ai sensi dell’art. 103 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sulla base di una segnalazione proveniente da fonte confidenziale e anonima, non riferendosi il divieto di utilizzazione delle denunce anonime di cui all’art. 333, comma 3, cod. proc. pen., alle iniziative investigative della polizia giudiziaria volte all’acquisizione della notizia di reato (da ultimo, e tra le tante, Cassazione penale, Sez. 7^, ordinanza n. 4386/2025, udienza del 6 dicembre 2024).
Perquisizioni alla ricerca di armi e stupefacenti
La polizia giudiziaria è legittimata a compiere, sulla base di notizie confidenzialmente apprese, perquisizioni di iniziativa nel caso di sospetto di illecita detenzione di armi, in forza del disposto dell’art. 41 del r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Sez. 1, n. 38605 del 15/07/2021, Rv. 282070) come pure in materia di stupefacenti ex art 103 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non riferendosi il divieto di utilizzazione delle denunce anonime di cui all’art. 333, comma 3, cod. proc. pen., alle iniziative investigative della polizia giudiziaria volte all’acquisizione della notizia di reato (Sez. 4, n. 2849 del 05/11/2019, dep. 2020, Rv. 278030). Si tratta di approdi ermeneutici che, pur giustificati dalla specifica natura delle norme richiamate, appaiono coerenti con il dictum di Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239695 alla cui stregua una denuncia anonima, pur essendo di per sé inutilizzabile ai fini processuali, è tuttavia idonea a stimolare l’attività del pubblico ministero o della polizia giudiziaria al fine dell’assunzione di dati conoscitivi atti a verificare se da essa possano ricavarsi indicazioni utili per l’enucleazione di una “notitia criminis” suscettibile di essere approfondita con gli ordinari strumenti legali (in termini, Sez. 2, n. 46536 del 6/10/2022, non mass.; Sez. U, n. 25933 del 29/05/2008, non massimata sul punto) (Cass. pen., Sez. 2^, sentenza n. 17637/2024, udienza del 9 aprile 2024).
Utilizzabilità nel giudizio abbreviato dell’annotazione di polizia giudiziaria nella quale è riportato contenuto delle dichiarazioni rese agli operanti in via confidenziale dalla persona offesa che non ha voluto verbalizzarle
È utilizzabile nel giudizio abbreviato l’annotazione di polizia giudiziaria nella quale è riportato contenuto delle dichiarazioni rese agli operanti in via confidenziale dalla persona offesa che non ha voluto verbalizzarle. L’annotazione costituisce infatti atto di indagine, al quale la scelta dell’imputato di accedere al rito alternativo ha attribuito valenza probatoria; nel rito a prova contratta, non vige infatti il divieto di testimonianza indiretta dell’ufficiale e dell’agente di polizia giudiziaria, dettato esclusivamente in relazione alla deposizione dibattimentale degli stessi (Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 45083/2023, udienza del 17 ottobre 2023).
Utilizzabilità dei documenti allegati ad una denuncia anonima
Il provvedimento impugnato dà atto che il presente procedimento, avente ad oggetto il delitto di peculato continuato contestato ad AC quale addetto all’inserimento degli atti nel fascicolo informatizzato TIAP, ha tratto origine da una segnalazione anonima, con allegate tre fotografie, scattate il 29 settembre 2022, della scrivania in uso all’odierno ricorrente ritraenti marche da bollo e mazzette di somme di denaro.
A seguito della menzionata segnalazione e su richiesta della polizia giudiziaria, il PM, con decreto del 3 ottobre 2022, prorogato il 18 ottobre e il 2 novembre 2022, aveva autorizzato l’istallazione di un sistema di videosorveglianza presso l’ufficio TIAP, in quanto luogo aperto al pubblico, dai cui esiti positivi era conseguita la richiesta di intercettazioni ambientali, autorizzate dal giudice per le indagini preliminari con decreto dell’Il ottobre 2022.
Le censure contenute nel ricorso non si confrontano in alcun modo con il dettagliato contenuto del provvedimento del Tribunale che, in risposta alle medesime eccezioni formulate dal difensore anche in questa sede, ha dato atto che il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca allargata ex art. 240-bis cod. pen., è stato emesso all’esito di indagini che, pur prendendo impulso da una denuncia anonima, sono state fondate: a) sulle 3 fotografie a questa allegate, che costituiscono documento; b) sull’estrapolazione delle immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza, da cui si vede AC intascare le marche da bollo approfittando della distrazione degli avvocati o recuperarle e rivenderle; c) sull’ascolto delle intercettazioni ambientali autorizzate dal giudice per le indagini preliminari; d) sul sequestro di marche da bollo per il valore di 4.593,25 € e della somma in contanti di euro 1.846,50 rinvenuta nella scrivania del ricorrente.
Costituisce orientamento costante di legittimità, richiamato nel provvedimento impugnato, che una denuncia anonima non possa essere posta a fondamento di atti tipici (perquisizioni, sequestri e intercettazioni telefoniche) che implicano e presuppongono l’esistenza di indizi di reità, ma può di certo stimolare l’attività di iniziativa del PM e della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi estremi utili per l’individuazione di una notitia criminis (Sez. 6, n. 34450 del 22/04/2016, Rv. 267680).
È ciò che è avvenuto nella specie, in quanto la denuncia anonima non ha affatto assunto il valore di fonte di prova ma, come risulta dal provvedimento impugnato, ha costituito soltanto il punto di partenza dell’attività investigativa che si è sviluppata autonomamente in base alle tre fotografie ad essa allegate per le quali, in quanto documenti acquisibili ex art. 234 cod. proc. pen., non vi sono divieti di utilizzabilità neanche derivata, come erroneamente preteso dal ricorrente.
Infatti, l’inutilizzabilità dei documenti anonimi sancita dall’art. 240 cod. proc. pen. si riferisce ai soli documenti rappresentativi di dichiarazioni e non può trovare applicazione in relazione a quelli fotografici ed ai filmati (Sez. 5, n. 19911 del 07/04/2021, Rv. 281209) (Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 33482/2023, udienza del 14 giugno 2023).
Intercettazioni
in tema di intercettazioni, le informazioni apprese da fonte confidenziale non sono in alcun modo utilizzabili – neppure unitamente ad altri elementi – al fine di ritenere la sussistenza dei gravi indizi di reato che consentono l’impiego di tale mezzo di ricerca della prova, mentre possono essere utilizzate al diverso fine di individuare il collegamento tra il soggetto da intercettare e una data utenza, non essendo, questa, attività di ricostruzione del quadro indiziario (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Rv. 279555).
Le censure svolte sul punto dai ricorrenti sono anche aspecifiche in quanto non chiariscono quale fosse il profilo, la sussistenza di gravi indizi di reato ovvero l’assoluta indispensabilità per le indagini, alla cui costruzione la fonte confidenziale avrebbe contribuito. Ciò ha una rilevanza centrale nella soluzione della questione posta: il divieto di cui all’art. 267, comma 1-bis, cod. proc. pen. concerne, infatti, il solo profilo della gravità indiziaria ma non già quello diverso dell’assoluta indispensabilità delle indagini, sicché non rileverebbe, nel senso dell’auspicata inutilizzabilità, che il monitoraggio dell’utenza di P. e K. fosse stato individuato quale utile alle indagini grazie alle informazioni confidenziali, qualora la piattaforma circa l’esistenza di gravi indizi di reato fosse stata già aliunde raccolta; b) in ogni caso, l’eventuale inutilizzabilità conseguente all’impiego di informazioni apprese da fonte confidenziale per l’affermazione della sussistenza di indizi idonei all’attivazione di intercettazioni resterebbe circoscritta alle prove illegittimamente acquisite, senza comunicarsi al contenuto delle ulteriori captazioni, non applicandosi all’inutilizzabilità la regola, di cui all’art. 185, comma 1, cod. proc. pen., relativa all’estensione della nullità agli atti dipendenti da quello dichiarato nullo (Cassazione penale, Sez. 4^, n. 8508/2023, udienza del 16 febbraio 2023).
Un esempio di arabesco interpretativo in tema di documenti anonimi
Quanto, infine, all’asserito divieto di utilizzabilità dello scritto che accompagnava la sostanza stupefacente quale elemento indiziario a riscontro della non occasionalità delle forniture e della consapevolezza da parte del P. di operare nell’ambito di un collaudato ed organizzato sistema di traffico di stupefacenti, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che l’inutilizzabilità sancita dall’art. 240 cod. proc. pen. non si riferisce ai documenti anonimi in quanto tali, bensì a quelli contenenti dichiarazioni anonime, sicché la stessa impedisce non di accertare, come fatto storico, che un documento anonimo sia stato formato ed abbia un determinato contenuto, ma solo di utilizzarlo come fonte di prova di quanto rappresentato nelle dichiarazioni raccolte (Sez. 6, n.12655 del 26/02/2016, Rv. 266950), sicché correttamente il Tribunale del Riesame ha indicato il documento di accompagnamento dello stupefacente non già nella sua valenza rappresentativa di quanto in esso affermato, ma quale fatto storico, idoneo a rappresentare l’esistenza di accordi ben precisi nell’ambito di una illecita relazione criminosa di cui il P. era stato reso latore oltre a fungere da trasportatore dello stupefacente, a sostegno di una compenetrazione dello stesso nell’alveo di illecite relazioni (Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 34984/2022, udienza del 24 maggio 2022).
Così è se ci pare.
