Il metro di giudizio delle rispettive sezioni disciplinari su un tema specifico: il rispetto reciproco tra avvocati e giudici.
Una lettrice ci ha chiesto di confrontare le decisioni della sezione disciplinare del CSM con quelle del CNF, in merito a comportamenti scorretti tenuti rispettivamente dai giudici nei confronti dagli avvocati e viceversa.
Consapevoli che il “confronto” non ha nessun valore statistico e non è esauriente, abbiamo estrapolato le ultime sentenze in argomento dai rispettivi siti: Csm sezione disciplinare e CNF sezione disciplinare.
Iniziamo dalla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, che pur premettendo che il comportamento del pubblico ministero era stato “gravemente scorretto nei confronti della parte e del suo difensore”, ha così deciso:
SENT. n. 62 del 2023 Presidente: PINELLI R.G. n. 67/2021 Relatore: D’OVIDIO Illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni – Doveri del magistrato – Comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori
Giudice – Frase mortificante ed offensiva – Illecito disciplinare – Scarsa rilevanza.
In tema di illecito disciplinare previsto dall’art. 2, comma 1 lett. d) del d.lgs. 109 del 2006, la condotta del giudice, che abbia proferito nel corso dell’udienza una frase mortificante ed offensiva nei confronti della parte, può reputarsi priva di sostanziale offensività, stante la scarsa rilevanza disciplinare della medesima, qualora la frase non abbia comportato un’effettiva lesione del bene giuridico protetto, né per compromissione dell’immagine del magistrato, né per perdita di prestigio nell’ambiente lavorativo.
Nella fattispecie un Procuratore della Repubblica è stato assolto dall’incolpazione a lui ascritta – consistita nell’aver tenuto un comportamento gravemente scorretto nei confronti della parte e del suo difensore – in ragione del carattere meramente occasionale dell’episodio e non essendosi levato alcun clamore in ordine al caso).
Riferimenti normativi: Decreto legisl. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1 e 2, comma 1, lett. d), art. 3 bis
Rimanendo in tema di frasi inopportune, nel secondo caso esaminato un giudice ha proferito frasi “aggressive e scurrili” nei confronti di altri magistrati o di collaboratori.
Secondo il CSM le frasi si possono dire purché non divulgate all’esterno.
Come dice il proverbio?
I panni sporchi si lavano in famiglia.
SENT. n. 61 del 2023 Presidente: PINELLI R.G. n. 38/2021 Relatore: CHIARELLI Illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni – Doveri del magistrato – Comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori – Giudice – Frasi provocatorie e scurrili – Illecito disciplinare – Scarsa rilevanza.
In tema di illecito disciplinare previsto dall’art. 2, comma 1 lett. d) del d.lgs. 109 del 2006, il comportamento del giudice che abbia utilizzato in diverse occasioni un linguaggio aggressivo e volgare nei confronti dei colleghi dell’Ufficio può ritenersi di scarsa rilevanza ai sensi dell’art. 3 bis, laddove gli episodi, non sorretti da un dolo unitario, quasi occasionali, sono rimasti del tutto sconosciuti all’esterno, sì da non compromettere nemmeno in parte il prestigio della magistratura, e possono essere ritenuti del tutto inoffensivi ed episodici, comunque privi di quel livello di gravità necessario per ritenere che la vicenda abbia leso l’immagine esterna del magistrato ed il prestigio dell’ordine giudiziario.
Riferimenti normativi: Decreto legisl. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1 e 2, comma 1, lett. d), art. 3 bis.
SENT. n. 55 del 2024 R.G. n. 24/2022 Presidente: PINELLI Relatore: D’OVIDIO Illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni – Doveri del magistrato – Comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori – Sostituto procuratore della Repubblica – Comportamenti diretti a mortificare, denigrare e svalutare abitualmente il lavoro dei collaboratori – Grave scorrettezza – Mancanza di prova – Illecito – Insussistenza.
In tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, deve escludersi la sussistenza dell’illecito previsto dall’art. 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 qualora manchi qualsiasi elemento per valutare in concreto non solo l’effettiva esistenza di una scorrettezza ma anche l’eventuale sua gravità, requisito quest’ultimo che costituisce (da solo o in alternativa all’abitualità) elemento costitutivo dell’illecito disciplinare di cui all’art. 2, comma 1, lett. d. Riferimenti normativi: Decreto legisl. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1 Decreto legisl. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 2, comma 1, lett. d)
Andiamo a vedere l’altro versante.
Ecco alcune delle ultime sentenze del Consiglio Nazionale Forense in riferimento alla violazione dell’articolo 53 Rapporti con i magistrati:
Il diritto-dovere di critica nei confronti di qualsiasi provvedimento giudiziario mai può travalicare i limiti del rispetto della funzione giudicante, sia con riferimento alla persona del giudicante sia al suo operato e alla funzione esercitata, riconosciuta dall’ordinamento con norme di rango costituzionale nell’interesse pubblico, con pari dignità rispetto alla funzione della difesa.
Nel caso specifico: avvocato “avvertito”
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Napoli, rel. Santinon), sentenza n. 232 del 31 maggio 2024
Espressioni sconvenienti od offensive ed exceptio veritatis: l’illecito non è scriminato dall’eventuale veridicità dei fatti, per l’avvocato 6 mesi di sospensione.
Le espressioni sconvenienti ed offensive (art. 52 cdf) assumono rilievo di per sé, indipendentemente dal contesto in cui sono usate e dalla veridicità dei fatti che ne costituiscono oggetto, essendo il relativo divieto previsto a salvaguardia della dignità e del decoro della professione, che, anche in presenza di comportamenti criticabili o perfino illeciti dei colleghi o di terzi, impongono all’avvocato di esprimere il proprio biasimo o di formulare la propria denuncia in modo rispettoso della personalità e della reputazione altrui, astenendosi da ingiustificata animosità e da toni irriguardosi, e ciò indipendentemente dalla considerazione delle possibili conseguenze civilistiche o penalistiche della sua condotta. Tale divieto non si pone affatto in contrasto con il diritto, tutelato dall’art. 21 Cost., di manifestare liberamente il proprio pensiero, il quale non è assoluto ed insuscettibile di limitazioni, ma trova concreti limiti nei concorrenti diritti dei terzi e nell’esigenza di tutelare interessi diversi, anch’essi costituzionalmente garantiti.
Consiglio Nazionale Forense sentenza 94/2021
Espressioni sconvenienti od offensive ed exceptio veritatis: l’illecito non è scriminato dall’eventuale veridicità dei fatti, per l’avvocato 6 mesi di sospensione.
Le espressioni sconvenienti ed offensive (art. 52 cdf) assumono rilievo di per sé, indipendentemente dal contesto in cui sono usate e dalla veridicità dei fatti che ne costituiscono oggetto, essendo il relativo divieto previsto a salvaguardia della dignità e del decoro della professione, che, anche in presenza di comportamenti criticabili o perfino illeciti dei colleghi o di terzi, impongono all’avvocato di esprimere il proprio biasimo o di formulare la propria denuncia in modo rispettoso della personalità e della reputazione altrui, astenendosi da ingiustificata animosità e da toni irriguardosi, e ciò indipendentemente dalla considerazione delle possibili conseguenze civilistiche o penalistiche della sua condotta. Tale divieto non si pone affatto in contrasto con il diritto, tutelato dall’art. 21 Cost., di manifestare liberamente il proprio pensiero, il quale non è assoluto ed insuscettibile di limitazioni, ma trova concreti limiti nei concorrenti diritti dei terzi e nell’esigenza di tutelare interessi diversi, anch’essi costituzionalmente garantiti.
Consiglio Nazionale Forense sentenza 94/2021
Infine, una decisione datata che risale al 2010 che vedeva incolpato un noto legale e il CNF così decise: Ancorché il diritto di critica nei confronti di qualsiasi provvedimento giudiziario costituisca facoltà inalienabile del difensore, tale diritto deve essere sempre esercitato, in primo luogo, nelle modalità e con gli strumenti previsti dall’orientamento processuale e mai può travalicare i limiti del rispetto della funzione giudicante, riconosciuta dall’ordinamento con norme di rango costituzionale nell’interesse pubblico, con pari dignità rispetto alla funzione della difesa. Proprio la giusta pretesa di vedere riconosciuta a tutti i livelli una pari dignità dell’avvocato rispetto al magistrato impone, nei reciproci rapporti, un approccio improntato sempre allo stile e al decoro, oltre che, ove possibile, all’eleganza, mai al linguaggio offensivo o anche al mero dileggio.
Le espressioni utilizzate dal professionista esorbitano dal diritto di critica, con conseguente inconfigurabilità della relativa scriminante, allorquando, come nella specie, l’avvocato non si limiti ad indicare, nell’ambito dell’intervista rilasciata agli organi di stampa, le ragioni per cui ritenga erronea la decisione del giudice, ma ponga in dubbio la stessa capacità del magistrato di giudicare in modo sereno e corretto, accusando l’organo giudiziario di versare in uno status soggettivo patologico e caratteriale (schizofrenia, arroganza e presunzione) tale da comprometterne la capacità di giudizio e di essere condizionato da finalità estranee al processo (giustizialismo). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Latina, 28 novembre 2006).
Consiglio Nazionale Forense (pres. ALPA, rel. ALPA), sentenza del 22 ottobre 2010, n. 101
