La Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 5239 depositata, oggi, il 10 febbraio 2025 ha stabilito che in tema di diffamazione, l’esimente del diritto di critica postula una forma espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione, ma non vieta l’utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, possiedono anche il significato di mero giudizio critico negativo di cui si deve tenere conto alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato.
Di conseguenza, l’imputato deve essere assolto perché il fatto non costituisce reato laddove non può ritenersi superato il limite della continenza alla luce dello stesso tenore letterale dei termini utilizzati e del contesto in cui si collocano le affermazioni che li contengono.
La vicenda esaminata riguardava una e-mail indirizzata, da un condomino, all’amministratore e ad altre persone dove annuncia di voler denunciare l’avvocato del condominio in quanto “scorretto e aggressivo”.
Secondo la Cassazione, le espressioni utilizzate, anche a volerle ritenere offensive, hanno una modesta portata dispregiativa e bisogna considerare che la ricorrente estende all’avvocato del condominio l’aspra conflittualità che ha con l’amministratore e le espressioni non superano il limite della continenza.
