L’avvocato si auto-promuove tramite sito internet e relativa newsletter: il CNF ricorda i limiti deontologici a cui far riferimento.
Il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza numero 294/2024 (allegata al post) ha stabilito che nelle informazioni al pubblico, l’avvocato non deve indicare il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorché questi vi consentano, ex art. 35 co. 8 cdf.
Tale divieto, peraltro, sussiste anche qualora il nominativo del cliente dello Studio sia già di dominio pubblico, né può essere aggirato con l’escamotage di riprodurre -in modo enfatico, autocelebrativo e promozionale- l’informazione stessa già eventualmente data da media e terzi in genere, ovvero soggetti non tenuti al rispetto delle norme deontologiche forensi, che altrimenti verrebbero inaccettabilmente eluse.
Nel caso di specie, l’avvocato aveva riprodotto a fini promozionali sul proprio sito internet e relativa newsletter la notizia di stampa che riferiva l’assistenza legale prestata dall’incolpato stesso in una complessa acquisizione societaria, con dettagli anche sui nominativi delle parti.
La sentenza così motiva:
La previsione dell’art. 35 comma 8 del NCDF secondo la quale è vietato all’avvocato, nelle informazioni al pubblico, indicare il nominativo dei propri clienti, ancorchè questi vi consentano, va intesa nell’ottica di una necessaria cautela diretta ad impedire una diffusione che potrebbe riguardare non solo i nominativi dei clienti stessi ma anche la particolare attività svolta nel loro interesse con interazioni di terzi, prestandosi ad interferenze, condizionamenti e strumentalizzazioni. Il bene tutelato dalla norma è chiaramente anche l’autonomia del professionista in stretta correlazione con la dignità ed il decoro della professione: l’aver negato rilevanza alla volontà delle parti ne è evidente dimostrazione
A proposito della newsletter dello studio [RICORRENTE], trattasi di “content newsletter” periodica perlomeno agli indirizzi iscritti attraverso semplice compilazione di pochi spazi sul sito web dello Studio Legale; e neppure è contestato che autore delle pubblicazioni sia unicamente lo studio legale di cui il ricorrente è titolare.
Occorre, dunque, nel decidere il caso in esame tener presente:
a) il dato testuale del comma 8 dell’art. 35 C.D. e il sopravvivere di tale norma alle significative modifiche intervenute nel mondo dei servizi professionali e nei mezzi di informazione;
b) la riproduzione non meramente/esclusivamente testuale di un articolo e di una notizia già pubblica;
c) la provenienza di quanto riportato anche da una stampa pacificamente finalizzata alle informazioni sul mercato dei professionisti.
Alla luce di quanto sopra chiarito e ricondotta nei corretti termini la disposizione dell’art. 35, comma 8 NCDF non pare dubitabile che l’avv. [RICORRENTE] con le condotte oggetto dei capi di incolpazione abbia violato la norma deontologica e sia responsabile dell’illecito disciplinare commesso.
Si respinge, dunque, l’impugnazione proposta con conferma della sanzione dell’avvertimento comminata”.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Greco, rel. Napoli), sentenza n. 294 del 5 luglio 2024
