La Cassazione sezione 4 con la sentenza numero 3087/2025 ricorda come e in che modo la parte personalmente può procedere al deposito di atti con modalità non telematiche.
Ricordiamolo: il telegramma, la raccomandata, la segreteria del Pm e del giudice non sono pochi i modi per eludere il Moloch telematico.
Fatto
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Giudice dell’udienza preliminare del medesimo Tribunale che ha dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio di R.P. per mancato espletamento dell’interrogatorio richiesto da costui a seguito della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Decisione
Nella fattispecie in esame, infatti, la richiesta di interrogatorio è stata fatta personalmente dall’indagato ed inviata ad un indirizzo PEC diverso da quello deputato alla ricezione degli atti.
Si tratta di una modalità che dall’entrata in vigore del d. Igs. n. 150 del 2022 non è più consentita.
L’art. 87 d.lgs. cit. prevede, infatti, al comma 6-bis che sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero sino al diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati, il deposito di memorie, documenti, richieste e istanze indicati dall’articolo 415-bis, comma 3, cod. proc. pen., nonché di altri atti specificamente indicati, non rilevanti in questa Sede, negli uffici delle procure della Repubblica presso i tribunali avviene esclusivamente mediante deposito nel portale del processo penale telematico individuato con provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e con le modalità stabilite nel medesimo provvedimento, anche in deroga al regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44.
Per tali atti, il successivo comma 6-quinquies esclude la possibilità di invio dell’istanza tramite posta elettronica certificata, prevedendo espressamente che l’impiego di tale modalità di trasmissione “non produce alcun effetto di legge“.
Una sanzione, dunque, non di nullità dell’atto, ma di mera inefficacia.
Tali disposizioni normative si integrano con la disciplina generale del deposito degli atti, contenuta all’art. 111-bis cod. proc. pen., in cui si prevede, salvo malfunzionamento dei sistemi informatici, la modalità telematica quale unica modalità di deposito di atti, documenti, richieste e memorie (comma 1).
Il comma quarto di tale norma consente, tuttavia, per gli atti che le parti e la persona offesa compiono personalmente, la possibilità di deposito con modalità non telematiche.
L’ordinanza impugnata, pur ritenendo non applicabile alla fattispecie in esame la disciplina del deposito degli atti tramite il portale del processo telematico, ha omesso di considerare quanto previsto dall’art. 111-bis cod. proc. pen., che non pare introdurre una deroga al divieto di impiego della posta elettronica certificata previsto dall’art. 87, comma 6-quinquies, d.lgs. n. 150 del 2022, ma consente, per gli atti che le parti compiono personalmente, come nel caso in esame, il deposito con modalità non telematiche, tra le quali può rilevare, ad esempio, il deposito dell’atto presso la cancelleria del giudice (cfr. art. 121 cod. proc. pen.) o la segreteria del pubblico ministero (cfr. art. 153 cod. proc. pen.), ovvero, come recentemente affermato da una pronuncia di questa Corte proprio in tema di richiesta di interrogatorio avanzata dall’indagato all’esito della ricezione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, anche tramite differenti mezzi tecnici, quali il telegramma o la lettera raccomandata, purché la sua sottoscrizione risulti autenticata dal difensore o da altro pubblico ufficiale abilitato, sì da assicurare l’identificazione del soggetto privato legittimato a formulare l’istanza (Sez. 2, n. 41961 del 02/10/2024, Rv. 287166).
Tale omessa valutazione, tuttavia, può, al più rilevare sulla legittimità del provvedimento impugnato, ma come detto, non ne comporta l’abnormità atteso che:
i) la irregolare modalità di presentazione dell’istanza di interrogatorio non è sanzionata da nullità, dovendosene, tuttavia, valutare la sola efficacia;
ii) la regressione determinata dall’ordinanza impugnata non comporta alcuna stasi del procedimento, disponendo l’espletamento dell’interrogatorio da parte del Pubblico ministero al cui esito quest’ultimo potrà nuovamente assumere le sue determinazioni in merito all’esercizio dell’azione penale.
Rileva, peraltro, la cassazione che la nullità dell’interrogatorio quale conseguenza della irrituale presentazione dell’istanza, prospettata dal Procuratore Generale nella sua requisitoria, appare, allo stato, disancorata da una specifica disposizione di legge e, sulla base degli elementi rappresentati nel ricorso, non configurabile in termini di nullità di ordine generale, trattandosi del compimento di un atto richiesto, sia pure irregolarmente, dall’indagato, che non appare lesivo delle prerogative della pubblica accusa né, ovviamente, del diritto di difesa.
Il ricorso è pertanto rigettato.
