La pena pecuniaria si converte in limitazioni della libertà: l’arduo distinguo tra insolvenza e insolvibilità (Riccardo Radi)

Pronto avvocato ho ricevuto una intimazione dove mi chiedono di pagare tremila euro e se non provvedo entro novanta giorni c’è scritto che si converte in semilibertà o detenzione domiciliare. Ho capito bene?

Le Procure della Repubblica della Penisola hanno iniziato a notificare “ordini per l’esecuzione di pena pecuniaria e ingiunzione di pagamento” e la novità, in caso di insolvibilità, ha conseguenze sulla limitazione della libertà.

Il tema sotteso alle novità sulla riscossione delle pene pecuniarie e l’assenza di volontà o l’assenza di possibilità di pagare la somma dovuta da parte del condannato, in una realtà economico-sociale in cui aumenta la popolazione che versa in un reale disagio economico e nel contempo bisogna ricordare che l’Italia: “è un paese caratterizzato dalla forte evasione ed elusione fiscale, il sistema delle quote rischia, paradossalmente, di agevolare due volte queste categorie di soggetti: “la prima perché non paga le imposte; la seconda perché, quando condannato a una pena pecuniaria basata sul sistema dei tassi giornalieri, se la caverà a modico prezzo, rispetto a quanto noto al fisco Pena pecuniaria: nuova disciplina, vecchi problemi di Matteo Rampioni,.


In questo quadro del Paese reale, la novità normativa introdotta prevede la possibilità di richiedere una rateizzazione ma nei casi di persone (vere) indigenti e con disagio sociale anche la rateizzazione risulta poco praticabile, mentre per i (finti) indigenti sarà una ulteriore agevolazione non meritata.

Il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, recante “Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”, ha apportato profonde innovazioni alla disciplina in materia di irrogazione e di esecuzione delle pene pecuniarie, nonché di applicazione delle “sanzioni sostitutive” delle pene detentive brevi, previste dal decreto legislativo 24 novembre 1981, n. 689.

Il legislatore delegato ha inteso perseguire lo scopo di “restituire effettività” alla pena pecuniaria principale di cui all’art. 17 c.p., mediante la razionalizzazione, la semplificazione e l’efficacia del procedimento di esecuzione della pena pecuniaria, in vista della sua effettiva riscossione ovvero, in subordine, della conversione in caso di mancato pagamento.

Con specifico riguardo alle nuove modalità di esecuzione della pena pecuniaria, il decreto legislativo n. 150 del 2022 prevede una disciplina transitoria all’articolo 97 (Disposizioni transitorie in materia di esecuzione e conversione delle pene pecuniarie), in breve, le nuove modalità di esecuzione della pena pecuniaria – fatto salvo il caso previsto dall’art. 460 comma 1, lett. h-ter) e comma 5 c.p.p.2 e i casi di conversione che si presentino in concreto più favorevoli al condannato – non risultano applicabili ai reati commessi precedentemente all’entrata in vigore della riforma, ossia consumati prima del 30 dicembre 2022.

La nuova disciplina dell’esecuzione della pena pecuniaria, prevede che l’articolo 660 cpp al terzo comma determina il contenuto dell’intimazione di pagamento, che deve avvenire entro il termine di novanta giorni dalla notifica.

L’intimazione di pagamento è accompagnata dall’avviso che, in mancanza di pagamento, la pena pecuniaria sarà convertita nella semilibertà sostitutiva (cfr. art. 102 l. n. 689/1981) o, in caso di accertata insolvibilità, nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo o nella detenzione domiciliare sostitutiva (cfr. art. 103 l. n. 689/1981).

Dalla Relazione illustrativa si evince che il legislatore ha ritenuto  congruo prevedere un termine di novanta giorni dalla notifica “per consentire al condannato di recuperare la disponibilità della somma di denaro necessaria per il pagamento della pena”.

L’ordine di esecuzione  contiene inoltre l’avviso al condannato che, quando non è già stato disposto nella sentenza o nel decreto di condanna, entro venti giorni (da intendersi dalla notifica), può depositare presso la segreteria del pubblico ministero istanza di pagamento rateale della pena pecuniaria, ai sensi dell’articolo 133 ter del codice penale.

Si tratta di una previsione ricalcata sulla istanza di misure alternative, la scelta di depositare presso il p.m.  anziché presso l’ufficio di sorveglianza (cui è destinata) l’istanza di rateazione nasce dall’esigenza di interrompere il termine per il pagamento integrale e dunque di impedire che venga immediatamente chiesta la conversione. L’istanza, come quella di misure alternative, se presentata direttamente al magistrato di sorveglianza non è da considerare tuttavia inammissibile.

L’istanza, che ha per presupposto – giusto il richiamo all’art. 133 ter cp- le disagiate condizioni economiche del condannato, anche in relazione alla entità della pena inflitta, deve essere documentata, a pena di inammissibilità (art. 233 t.u. spese di giustizia).

Il termine di venti giorni è da ritenere decorra  dall’ultima notificazione tra quelle previste, tuttavia una istanza di rateizzazione inammissibile presentata dal difensore potrebbe impedire una  nuova presentazione nei termini decorrenti dalla notifica al condannato.

Se è presentata istanza di pagamento rateale, il  pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente, che procede ai sensi dell’articolo 667, comma 4, senza udienza partecipata.

È da ritenere che  magistrato di sorveglianza, una volta accolta l’istanza, debba trasmettere il decreto di  rateizzazione al p.m.  per gli accertamenti sul pagamento delle rate.

Quando invece la pena pecuniaria è stata già rateizzata dal giudice dell’esecuzione, al comma 4  si prevede che “con l’ordine di esecuzione il pubblico ministero ingiunge al condannato di pagare la prima rata entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, avvertendolo che in caso di mancato tempestivo pagamento della prima rata è prevista l’automatica decadenza dal beneficio e il pagamento della restante parte della pena in un’unica soluzione, da effettuarsi, a pena di conversione ai sensi del terzo comma precedente, entro i sessanta giorni successivi”.

Per il pagamento della prima rata, come emerge dalla relazione, il legislatore  ha ritenuto congruo prevedere un termine più breve rispetto a quello ordinario di novanta giorni; si osserva che il mancato pagamento della prima rata non determina l’immediata conversione della pena pecuniaria, potendo il condannato – decaduto dal beneficio del pagamento rateale – pagare in un’unica soluzione la multa o l’ammenda entro i successivi sessanta giorni e, pertanto, entro l’ordinario termine di novanta giorni. 

Il sesto comma dell’art. 660 c.p.p. disciplina l’ipotesi in cui, entro il termine stabilito, la multa o l’ammenda vengano pagate. Organo competente a verificare l’avvenuto pagamento e a dichiarare l’avvenuta esecuzione della pena è il pubblico ministero: “se, entro il termine indicato nell’ordine di esecuzione, il pubblico ministero accerta l’avvenuto pagamento della multa o dell’ammenda, da parte del condannato, dichiara l’avvenuta esecuzione della pena.

In caso di pagamento rateale, il pubblico ministero accerta l’avvenuto pagamento delle rate e, dopo l’ultima, dichiara l’avvenuta esecuzione della pena”.

Il settimo comma, disciplina l’ipotesi in cui l’ordine/ingiunzione non sia andato a buon fine. “Quando accerta il mancato pagamento della pena pecuniaria, ovvero di una rata della stessa, entro il termine indicato nell’ordine di esecuzione, il pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione ai sensi degli articoli 102 e 103 della legge 24 novembre 1981, n. 689 ovvero, quando si tratta di pena pecuniaria sostitutiva, ai sensi dell’articolo 71 della medesima legge”.

In ogni caso, se il pagamento della pena pecuniaria è stato disposto in rate mensili, è convertita la parte non ancora pagata.

Il magistrato competente è quello relativo alla residenza del condannato o al suo  luogo di detenzione.

Infine, l’undicesimo comma disciplina il caso in cui vi sia condanna ai sensi dell’art. 534 c.p.p. del “civilmente obbligato per la pena pecuniaria”, a pagare se il condannato risultasse insolvibile. In caso di rilevata insolvibilità del condannato, il magistrato di sorveglianza ne dà comunicazione al p.m. , il quale “ordina” al civilmente obbligato di provvedere al pagamento della pena entro un termine e poi – laddove  il pagamento entro il termine non avvenga – di nuovo lo comunica al magistrato di sorveglianza per la conversione.

Anche per questo passaggio, come si è già osservato,  vi è la complicazione rappresentata dal possibile cambiamento  dell’ufficio del p.m.

Nella verifica dell’inadempimento, il p.m., a quanto parrebbe, dovrebbe (data la novità, il condizionale è d’obbligo) essere esentato da  ogni valutazione sui motivi, in particolare sulla reale insolvibilità, controllo rimesso invece al  magistrato di sorveglianza.

Ciò si desume dalla lettera della norma (“quando accerta il mancato pagamento”) nonché dall’intero sistema, che tende a limitare e ridurre i controlli sulla situazione patrimoniale del condannato, affidandoli al magistrato di sorveglianza (“previo accertamento della condizione di insolvenza ovvero di insolvibilità del condannato”) che peraltro ha a disposizione i medesimi mezzi della procura, potendo avvalersi della polizia giudiziaria (art. 660 comma 9 c.p.p.).

Non così conclude la Relazione del Massimario, richiamandosi alle sentenze Nikolic e Duri: “Al pubblico ministero spetta l’accertamento della impossibilità di esazione, ossia di una obiettiva situazione, attribuibile a qualsiasi ragione, transitoria o definitiva, che costituisce impedimento al regolare recupero della pena pecuniaria.”, tuttavia le due sentenze citate – di cui si è detto – trovano la loro collocazione in un sistema normativo completamente diverso, e comunque riguardano il tema specifico della irreperibilità, in cui è evidente che prima di trasmettere gli atti ogni ricerca del condannato debba essere fatta con cura.

La medesima procedura è prevista per la esecuzione delle pene pecuniarie comminate dal giudice di pace: la materia è oggetto di disciplina specifica (d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274) modificata dal d.lgs. 150/22 nel senso di prevedere specificamente, all’art. 72, comma 1, lett. b) del d. lgs. n. 150 del 2022, l’ estensione della disciplina in materia di esecuzione delle pene pecuniarie prevista dal nuovo art. 660 c.p.p. anche ai procedimenti di competenza del giudice di pace.

In conclusione, lo spirito delle novità introdotte in tema di riscossione delle pene pecuniarie, sono ben esplicitate sul sito del Ministero della Giustizia: “Conseguentemente, l’intervento normativo non è stato limitato alle procedure ma più approfonditamente ha ricalibrato concettualmente la pena pecuniaria e il procedimento di esecuzione e di eventuale conversione, secondo le seguenti direttrici principali, come emergono dalla relazione illustrativa al decreto legislativo:

– abbandono dell’impostazione civilistica della pena pecuniaria come credito da riscuotere, previa iscrizione a ruolo, evidenziando il carattere afflittivo della pena, che non viene meno per il fatto che da esso deriva un debito verso l’Erario: al mancato pagamento non consegue la tipica procedura esecutiva dei crediti di diritto pubblico, ma direttamente la procedura di conversione, secondo una logica interamente endopenalistica;

valorizzazione della distinzione delle due simmetriche situazioni di insolvenza e insolvibilità, alla base dell’inadempimento della pena, intese rispettivamente come assenza di volontà e assenza di possibilità di pagare la somma dovuta da parte del condannato;

– di conseguenza, superamento dell’abrogato sistema in cui solo la pena pecuniaria non assolta per insolvibilità determinava la conversione in sanzione sostitutiva (con eventuale conversione di secondo grado in pena detentiva), mentre, la pena pecuniaria non pagata dall’insolvente (colui che può pagare ma non vuole) restava un credito che lo Stato continuava a cercare di riscuotere, ovviamente invano nella quasi totalità dei casi;

– in questa direzione, recupero della centralità del ruolo del pubblico ministero come organo dell’esecuzione, che adotta un provvedimento esecutivo per le pene pecuniarie previsto dal novellato art. 660 c.p., modellato su quello delle pene detentive, disciplinato dall’art. 656 c.p.p..

Le ragioni della riforma, come sopra illustrate, si fondano principalmente sulla farraginosità e sostanziale inefficacia del sistema previgente, disciplinato dal d.P.R. 30 maggio 2022, n. 115 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di Spese di Giustizia) e improntato alla equiparazione della pena pecuniaria agli altri crediti maturati, per diverso titolo, dall’Erario dello Stato verso soggetti terzi.

In sostanza, il credito per pena pecuniaria, alla stregua di un generico credito erariale, veniva esatto tramite riscossione mediante ruolo, quindi con emissione di cartella di pagamento da parte dell’agente della riscossione; il procedimento, all’esito della stipula della Convenzione con Equitalia Giustizia S.p.A. (ai sensi dell’articolo 1, commi 367 e ss., della legge 24 dicembre 2007, n. 244), prevedeva quindi l’interlocuzione tra almeno tre soggetti, quali gli uffici giudiziari, la indicata società, in house al Ministero, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione.

Il dato relativo alla percentuale delle riscossioni rispetto al carico affidato, a titolo di pena pecuniaria, ad Equitalia Giustizia S.p.A., è piuttosto eloquente quanto alla sostanziale inefficacia del previgente sistema di recupero e di riscossione di tale peculiare credito erariale”.

Per la stesura del post si è utilizzato l’encomiabile lavoro della dott.ssa Claudia Terracina, pubblicato su Giustizia Insieme il 17 aprile 2023, ecco il link : La nuova disciplina dell’esecuzione della pena pecuniaria (seconda parte) di Claudia Terracina – www.giustiziainsieme.it

E la Relazione annuale al Parlamento sullo stato dell’esecuzione delle pene pecuniarie dell’8 agosto 2024, redatta dal Ministero della Giustizia:

pene_pecuniarie_relazione_parlamento_anno_2023.pdf