La Cassazione sezione 6 con la sentenza numero 2858/2025 si è occupata del caso dell’evasione del cittadino russo, sottoposto agli arresti domiciliari, in pendenza dell’estradizione passiva che lo riguardava, chiesta dagli Stati Uniti d’America e della configurabilità dell’aggravante del reato transnazionale nei confronti di chi ha procurato l’evasione.
Nel caso esaminato, il Tribunale di Milano, quale giudice del riesame, ha confermato l’applicazione ai danni del ricorrente della misura custodiale di maggior rigore perché gravemente indiziato del reato di cui all’art. 386, commi 1 e 3, cod. pen. aggravato ex art. 61 bis cod. pen. e in particolare per aver procurato, in concorso con altri soggetti destinati a costituite un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali realizzate in più di uno Stato, l’evasione di U.A., all’epoca dei fatti sottoposto agli arresti domiciliari in funzione della sua possibile estradizione.
La Suprema Corte in merito alla configurabilità dell’aggravante del reato transnazionale rileva che vanno ribaditi i capisaldi della decisione delle Sez. U. Adami (sentenza n. 18374 del 31 gennaio 2013) resa sul tema laddove la stessa – nel giungere alla conclusione per cui la aggravante di natura speciale in oggetto è applicabile al reato associativo sempreché il gruppo criminale organizzato transnazionale non coincida con l’associazione- ha avuto modo di precisare che: la circostanza aggravante si applica, per regola generale, a tutti i reati in ambito nazionale puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni la cui commissione sia stata determinata o anche solo agevolata dall’apporto di un gruppo criminale organizzato transnazionale.
La sentenza richiamata sottolinea che la locuzione “dare contributo” ora riferita al vigente art. 61 bis cod. pen. postula “alterità” o diversità tra i soggetti interessati, ossia tra soggetto agente ( il “gruppo organizzato”) e realtà, se del caso plurisoggettiva, beneficiaria dell’apporto causale; che il tasso di maggior disvalore insito nell’aggravante postula una necessaria autonomia tra condotta che integra il reato “comune” e quella che vale a realizzare il contributo prestato dal gruppo transnazionale giacché, in caso contrario, la circostanza aggravante verrebbe a porsi come elemento costitutivo del reato transnazionale e mancherebbe la ragione d’essere per ipotizzare la diversa – e più grave lesione del bene protetto.
Ciò premesso, il provvedimento impugnato non sembra aver fatto buon governo di tali indicazioni di principio giacché è pacifico che nel caso il gruppo di persone che hanno agito in concorso nel determinare l’evasione di A. U. coincidono soggettivamente con il gruppo organizzato assertivamente operativo su più stati.
La stessa condotta resa su più ambiti territoriali perché dipanatasi oltre i confini nazionali, del resto, più che dare conto del contributo valorizzato dalla norma in questione, si risolve per l’appunto nell’azione concorsuale finalizzata all’evasione stessa.
Manca, dunque, nel caso, quella necessaria autonomia tra la condotta che integra il reato “comune” e quella che vale a realizzare il contributo prestato dal gruppo transnazionale, ragion d’essere del maggior disvalore ascritto all’aggravante in questione.
Da qui l’assorbente erroneità in diritto della valutazione resa sul punto dai giudici della cautela, destinata a rendere irrilevanti le ulteriori considerazioni spese sul tema dal ricorso.
