La Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 2736 depositata il 22 gennaio 2025 ha stabilito che in tema di misure cautelari, non si può disporre la custodia cautelare in carcere al posto dei domiciliari solo perché l’autore del delitto segue sui social i parenti della vittima.
Va escluso, infatti, un aggravamento della misura perché manca un concreto pericolo di reiterazione del reati.
La Suprema Corte sottolinea che la condotta dell’indagato si è tradotta nel seguire, sul social network, i “profili” di alcuni congiunti di S.R., vale a dire la vittima dell’omicidio imputato, ex art. 584 c.p., all’odierno ricorrente.
Il tribunale ha sostenuto che tale “intrusivo” comportamento, pur se posto in essere senza infrangere il divieto di comunicazione, denotasse comunque una volontà di controllare la vita di relazione dei parenti della vittima.
Tale condotta è stata ritenuta, idonea a turbare la serenità di questi ultimi e a ingenerare un concreto timore per la propria incolumità, in considerazione dell’aggressione mortale consumata ai danni del loro congiunto.
La cassazione ritiene che tali notazioni sono generiche e rendono la motivazione dell’impugnato provvedimento insufficiente a giustificare il disposto aggravamento della misura, invero, dal testo della motivazione stessa, non è dato comprendere perché la condotta – puramente passiva – del T., consistente nel seguire su rete social i profili pubblici delle parenti della vittima, rivelerebbe un’intrusiva volontà di controllo, suscettibile d’ingenerare un concreto timore per l’incolumità dei congiunti di R.
Tra l’altro, la motivazione neppure dà conto della ragionevole deduzione difensiva secondo cui l’utente dei social media può agevolmente “bloccare” la persona non gradita.
