La Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 1925/2025 ha esaminato il tema relativo alla sussistenza della procedibilità d’ufficio del reato di cui all’art.624 bis cod. proc. pen. dopo le modifiche di cui al D.Lgs. 150/2022, entrato in vigore il 30/12/2022, che ha introdotto la procedibilità a querela per il reato di cui all’art.624 cod. pen.
La Suprema Corte ha ritenuto fondata, la dedotta violazione dell’art. 624 bis cod. pen., perchè risulta pronunciata sentenza di non doversi procedere per mancanza di querela con riferimento ad una fattispecie di reato da ritenersi, invece, procedibile di ufficio.
Con riferimento al furto in abitazione, infatti, è pacifico – atteso l’inequivoco dato letterale dell’art. 624 bis cod. pen. – che sia sopravvissuta la procedibilità di ufficio, anche dopo la modifica, operata dall’ art. 2 D. Lgs. n. 150 del 2022, della procedibilità relativa alla generalità dei reati di furto aggravato nel senso della sopravvenuta perseguibilità di questi soltanto su querela di parte.
Regime più favorevole, applicabile anche ai reati oggetto di processi in corso, in virtù del disposto dell’art. 2, comma 4, cod. pen.
Quanto al concetto di privata dimora, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la nozione nella fattispecie di furto in abitazione è più ampia di quella di “abitazione“, in quanto va riferita al luogo nel quale la persona compia, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata (Sez. 5, n. 30957 del 02/07/2010 – dep. 03/08/2010, Cirlincione, Rv. 247765): infatti, la giurisprudenza della cassazione ha affermato che l’ipotesi di reato delineata dall’art. 624 bis c.p. (introdotto dalla L. n. 128 del 2001, art. 2), in tema di furto in abitazione, esplicitamente ha ampliato la portata della previsione, così da comprendere in essa tutti quei luoghi nei quali le persone si trattengono per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della loro vita privata: studi professionali, stabilimenti industriali, esercizi commerciali (Cass. 17-9-2003 n. 43671; Cass. 26-2-2003 n 18810; Cass. 18-9- 2007 n. 43089).
In particolare, tra gli elementi innovativi della fattispecie figura l’indicazione del locus nel quale è necessario che l’agente s’introduca al fine della commissione del reato: la formulazione previgente incentrata sul luogo destinato ad abitazione è stata sostituita dal riferimento all’edificio o ad altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora ed alle pertinenze di esso.
Il dettato normativo, confermando l’orientamento giurisprudenziale incline ad una interpretazione estensiva del concetto di abitazione, ha esteso l’ambito di operatività della figura criminosa allineandola, sotto questo profilo, al delitto di violazione di domicilio di cui all’art. 614 c.p.» (Sez. 4, n. 37908 del 25/06/2009, Apprezzo, Rv. 244980; Sez. 5, Sentenza n. 2768 del 01/10/2014, dep. 2015, Rv. 262677 – 01).
In una pronuncia della Corte di legittimità (Sez.5, n.27326 del 28/04/2021, Colucci, n.m.), richiamata nel ricorso, si è affermato che, avuto riguardo alla ratio dell’aggravante di punire con maggiore severità la particolare pericolosità manifestata da chi, al fine di commettere un furto, non esita ad introdursi in un luogo di abitazione, con la concreta possibilità di trovarsi innanzi al soggetto passivo – l’aggravante stessa sussiste anche quando il reato sia commesso in una immediata pertinenza dell’abitazione: come tale destinata allo svolgimento di attività strettamente complementari e strumentalmente connesse a quelle abitative.
La Suprema Corte ne ha, quindi, desunto il seguente principio di diritto: «La nozione di “pertinenza di luogo destinato a privata dimora”, di cui all’art. 624 bis, c.p., si riferisce a ogni bene idoneo ad arrecare una diretta utilità economica ovvero funzionale al bene principale, per essere destinato in modo durevole al servizio o all’ornamento di esso, resa possibile da una contiguità, anche solo di servizio tra bene principale e bene pertinenziale» (Sez. 4, Sentenza n. 50105 del 05/12/2023, Rv. 285470 – 01).
In conclusione, la cassazione ha ritenuto che il Tribunale non abbia fatto buon governo dei principi indicati: invero, nel ricondurre la fattispecie concreta nella sfera applicativa del reato di cui all’art. 624 bis cod. pen., ha erroneamente ritenuto modificato il regime della procedibilità a seguito della riforma Cartabia di cui al D. L.gs 150/2022.
