Continuazione chiesta in sede esecutiva: gli indicatori da tenere in considerazione (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 7^, ordinanza n. 1615/2025, udienza del 19 dicembre 2024, ha precisato gli indicatori che il giudice deve prendere in considerazione nel caso di continuazione chiesta in sede esecutiva.

Il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita.

Occorre inoltre che, al momento della commissione del primo reato, i successivi siano stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea), atteso che la distanza temporale e spaziale tra i reati che si chiede di porre in continuazione è un indice di valutazione della esistenza o meno di una volizione unitaria.

L’argomento secondo cui qualora, nel caso in esame, i nove reati oggetto dell’istanza fossero stati valutati non in blocco, ma a coppie, sarebbe emerso che tra alcuni di essi non intercorre un periodo temporale molto ampio, ed anzi la ripetizione continua di reati dello stesso tipo dimostrerebbe che essi sono commessi in modo seriale, non vizia il percorso logico del provvedimento impugnato, atteso che la circostanza che i reati siano stati commessi in modo seriale è indice sintomatico non di attuazione di un progetto criminoso unitario quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti (Sez. 1, sentenza n. 35806 del 20/04/2016), né è indice dell’esistenza di una volizione criminale unitaria la circostanza che si tratti sempre di reati contro il patrimonio non potendo confondersi il fine specifico, ovverosia il movente-scopo che individua una programmazione e deliberazione unitaria, con la tendenza stabilmente operante in un soggetto a risolvere i propri problemi esistenziali commettendo reati (Sez., 1 n. 13205 del 30/01/2020; Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010).

La circostanza, invece, che altra pronuncia del giudice dell’esecuzione abbia ammesso la continuazione tra sette ulteriori reati dello stesso tipo per cui pure è stato condannato il ricorrente non rende manifestamente illogica la motivazione dell’ordinanza impugnata, trattandosi di reati che non si sovrappongono, atteso che quelli oggetto dell’ordinanza impugnata sono stati commessi tra il 1994 ed il 1997 e quelli oggetto dell’ordinanza in cui è stata riconosciuta la continuazione commessi tra il 1991 ed il 1992, dovendo confrontarsi il giudice dell’esecuzione con la precedente ordinanza di continuazione soltanto se siano in comune “alcuni dei reati per i quali sia chiesta l’unificazione” Sez. 1, sentenza n. 6224 del 13/10/2023, dep. 2024) o medesimo “l’arco temporale al cui interno si collocano” (Sez. 1, sentenza n. 2867 del 08/11/2023, dep. 2024), circostanze insussistenti nel caso in esame.