Richiesta di giudizio abbreviato “secco”: possibilità del Pm di effettuare ulteriori indagini facendole confluire nel fascicolo processuale prima dell’ammissione del rito (Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 5 con la sentenza 629/2025 ha esaminato la seguente questione: in caso di richiesta difensiva di giudizio abbreviato c.d. incondizionato, il pubblico ministero può far confluire nel fascicolo attività di indagine svolta successivamente alla richiesta difensiva ma prima dell’ammissione del rito da parte del giudice?

Fatto

A riguardo occorre premettere, quanto alla ricostruzione della vicenda processuale, resa possibile dall’esame degli atti del fascicolo d’ufficio a fronte della deduzione di un vizio di carattere processuale (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 22009- 01) che:

all’udienza del 30 gennaio 2017 il ricorrente chiedeva procedersi a giudizio abbreviato;

la decisione su tale richiesta era rinviata all’udienza del 7 marzo 2017;

il giorno precedente a quello previsto per la celebrazione dell’udienza, il difensore del C. depositava una memoria ai sensi dell’art. 121 cod. proc. pen. corredata da ampia documentazione;

nel corso dell’udienza del 7 marzo 2017 il Pubblico Ministero depositava, a propria volta, il verbale di interrogatorio del giorno precedente dell’A.C., e chiedeva rinvio per esaminare la memoria del ricorrente; alla successiva udienza del 25 marzo 2017 il Pubblico Ministero depositava ulteriore documentazione rispetto alla memoria prodotta dalla difesa del C. e alla documentazione allegata;

il rito abbreviato era ammesso il 4 aprile 2017.

Decisione

Ciò posto va considerato che nella giurisprudenza di legittimità è stato effettivamente affermato che la richiesta di giudizio abbreviato c.d. “secco”, di cui all’art. 438, comma primo, cod. proc. pen., comporta la definizione del processo allo stato degli atti, che determina la formazione della “res iudicanda” sulla base del quadro probatorio già esistente, con la conseguenza che nessuna prova, documentale od orale, può essere successivamente acquisita, salva la facoltà dell’imputato, ammesso al giudizio abbreviato, di sollecitare il giudice all’esercizio dei poteri di cui all’art. 441, comma quinto, cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 51950 del 15/11/2016; Sez. 3, Sentenza n. 5457 del 28/11/2013, dep. 2014).

Tali precedenti, tuttavia, si riferiscono, come è evidente dalla lettura delle motivazioni delle decisioni, alla posizione dell’imputato e trovano, dunque, il loro logico fondamento nella circostanza per la quale, se un soggetto ha richiesto il rito abbreviato non condizionandolo ad alcuna acquisizione probatoria, non può, nelle more della decisione sulla propria istanza, surrettiziamente richiedere l’ammissione di altre prove orali o, più semplicemente, produrre prove documentali.

D’altra parte, i riti alternativi a contenuto premiale costituiscono una delle modalità più qualificanti di esercizio del diritto di difesa, il che si esplica anche nella scelta di un rito abbreviato non condizionato all’assunzione di ulteriori mezzi di prova (ex aliis, Corte Cost. sent. n. 237/2012; n. 148/2004, n. 219/2004, n. 70/1996, n. 497/1995 e n. 76/1993).

Ben diversa è la problematica sollevata dalla difesa del C., ossia quella che riguarda la sussistenza del potere del PM, nel tempo che eventualmente intercorra tra l’istanza di definizione del processo secondo il rito abbreviato c.d. secco presentata dall’imputato e l’ordinanza di ammissione di tale rito da parte dell’autorità giudiziaria, di effettuare ulteriori indagini facendone confluire gli esiti nel fascicolo processuale.

E ciò in quanto non è stata la parte pubblica a richiedere una definizione del giudizio allo stato degli atti.

Ne deriva che, successivamente alla richiesta dell’imputato di ammissione al rito speciale, quando questo non sia stato disposto dal giudice con ordinanza, è ancora in corso l’udienza preliminare e sono consentite al Pubblico Ministero tutte quelle modifiche che invece verrebbero paralizzate dalla ammissione del rito “allo stato degli atti”, come la formulazione di una contestazione suppletiva e l’arricchimento dell’apparato probatorio (Sez. 5, n. 12912 del 06/02/2020).

Quanto rilevato, del resto, non comporta alcuna violazione dei diritti dell’imputato.

Sotto un primo aspetto, occorre invero rimarcare che la richiesta di giudizio abbreviato è revocabile fino al provvedimento del giudice che lo dispone (v., tra le altre, Sez. 6, n. 22480 del 08/05/20131) e finanche, giusta il disposto dell’art. 441-bis, comma 4, cod. proc. pen., successivamente a tale ammissione nell’ipotesi di nuove contestazioni ai sensi dell’art. 423, comma 1, dello stesso codice (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte ed altri, Rv. 253212-01).

Sotto altro e concorrente profilo, ciò che costituisce presupposto essenziale affinché possano essere acquisiti gli esiti delle indagini svolte dal Pubblico Ministero prima dell’ammissione del rito abbreviato richiesto dall’imputato è che su tali integrazioni probatorie si sia realizzato il contraddittorio tra le parti, e che l’imputato abbia avuto formale contezza delle nuove prove al fine di poter vagliare la revoca della sua richiesta di definizione del processo nelle forme del rito abbreviato.

Nella fattispecie processuale in esame, per come ricostruita, alcuna violazione del diritto del contraddittorio del C., violazione che avrebbe potuto determinare l’inutilizzabilità delle risultanze delle attività di indagine svolte dal Pubblico Ministero dopo la sua richiesta di rito abbreviato, si è realizzata.

Occorre anzi sottolineare che, a fronte della produzione, all’udienza del 7 marzo 2017, del verbale di interrogatorio di A.C., la difesa del ricorrente non ha chiesto alcun termine per esaminare tale atto, essendo di contro un termine stato richiesto dal Pubblico Ministero per esaminare la memoria, corredata di ampia documentazione, che, pur dopo l’istanza di rito abbreviato “secco”, aveva prodotto l’imputato.