Annullamento parziale con rinvio: le parti non annullate della decisione sono cosa giudicata e su di esse è ininfluente il mutato regime di procedibilità del reato (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 47344/2024, udienza del 5 dicembre 2024, ha affermato che, nel caso di annullamento parziale con rinvio da parte della Corte di cassazione, le parti della decisione non oggetto di annullamento, e non in connessione essenziale con quelle per le quali è stato disposto il nuovo giudizio, acquistano autorità di cosa giudicata, indipendentemente dalla espressa declaratoria in tal senso nel dispositivo della sentenza rescindente, sicché, qualora l’annullamento abbia riguardato unicamente aspetti relativi al trattamento sanzionatorio, diviene irrevocabile l’accertamento sulla sussistenza del reato e sulla sua attribuibilità all’imputato, con conseguente irrilevanza, nel nuovo giudizio, di questioni relative al mutato regime di procedibilità del reato.

L’art. 624, cod. proc. pen., («Se l’annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale con la parte annullata»), è una disposizione che, pur attenendo ai limiti obiettivi del giudizio di rinvio, all’interno della cui regolamentazione è inserita, statuisce in maniera sufficientemente chiara l’intrinseca irrevocabilità connaturata alle statuizioni del giudice di legittimità che non riguardano i capi e le parti oggetto di annullamento e non sono in connessione essenziale con quelle per le quali è stato disposto il nuovo giudizio: esse divengono, dunque, definitive ed acquistano autorità di cosa giudicata (Sez. U, n. 4904 del 26/03/1997, Attinà), rimanendo irrilevanti tanto l’assenza, nel dispositivo della sentenza rescindente, del dato meramente formale della declaratoria dell’intervenuto passaggio in giudicato della parte non annullata, quanto la temporanea ineseguibilità della decisione, quanto l’eventuale ritardo nella sua esecuzione (Sez. 2, n. 6287 del 15/12/1999, dep. 2000; cfr. altresì, tra le pronunce più recenti, Sez. 3, n. 30805 del 15/01/2024); ed invero, l’espressa declaratoria, nel dispositivo della sentenza di annullamento parziale, delle parti della sentenza impugnata che diventano irrevocabili è rimessa ad una valutazione di opportunità, poiché l’art. 624, comma 2, cod. proc. pen. prevede che la Corte la adotti «quando occorra», ossia solo quando, per esigenze di chiarezza, appare opportuno enunciare espressamente nel dispositivo il passaggio in giudicato dei capi della sentenza impugnata la cui acquisita irrevocabilità possa risultare poco chiara o poco evidente; d’altra parte, la stessa disposizione da ultimo citata prevede che l’eventuale omissione della declaratoria è in ogni momento riparabile dalla Corte di cassazione, tramite un’ordinanza da adottarsi de plano in camera di consiglio, di ufficio o su richiesta del pubblico ministero o della parte privata interessata.

Per questo si è ripetutamente statuito che la declaratoria in questione non ha efficacia costitutiva dell’effetto della irrevocabilità dei capi della sentenza impugnata che non siano stati oggetto di annullamento e non siano in connessione essenziale con quelli annullati, avendo, invece, efficacia meramente dichiarativa, sicché la Corte – adita con ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice di rinvio – può comunque individuare, sulla base della lettura e dell’interpretazione della sua precedente pronuncia, le parti della sentenza di appello che sono passate in cosa giudicata, traendone le dovute conseguenze (principio risalente a Sez. U, n. 4460 del 19/01/1994, Cellerini, confermato, tra le altre, da Sez. 4, n. 29186 del 29/05/2018).

Ciò posto, nel solco del principio a suo tempo affermato da questa Corte nel suo supremo consesso, secondo cui la possibilità di applicare l’art. 129 cod. proc. pen. in sede di rinvio, con riferimento alle cause estintive del reato sopravvenute all’annullamento, sussiste solo nei limiti della compatibilità con la decisione adottata in sede di legittimità e con il conseguente spazio decisorio attribuito in via residuale al giudice di rinvio, sicché, formatosi il giudicato sull’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato, dette cause sono inapplicabili non avendo possibilità di incidere sul decisum (Sez. U, n. 4904 del 26/03/1997), si è ritenuto che, qualora – come è accaduto nel caso di specie – siano state rimesse al giudice del rinvio le questioni relative al riconoscimento delle attenuanti generiche, alla determinazione della pena o alla concessione della sospensione condizionale, il giudicato formatosi sull’accertamento del reato e sulla responsabilità dell’imputato impedisce la declaratoria di estinzione del reato per cause sopravvenute alla sentenza rescindente (cfr., per fattispecie relative a reati in relazione ai quali, dopo la pronuncia d’annullamento, erano maturati i termini di prescrizione del reato, Sez. 4, n. 114 del 28/11/2018, dep. 2019, e Sez. 6, n. 12717 del 31/01/2019, secondo cui «In caso di annullamento parziale della sentenza, qualora siano rimesse al giudice del rinvio questioni relative al riconoscimento di una circostanza aggravante comune, il giudicato formatosi sull’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione sopravvenuta alla pronuncia di annullamento»).

Deve, allora, ritenersi che nel caso di specie l’affermazione di responsabilità sul furto contestato al ricorrente sia coperta dall’autorità della cosa giudicata che, malgrado l’annullamento parziale della sentenza della Corte territoriale del 30 novembre 2021, si è formata, a norma dell’art. 624 cod. proc. pen., sulle parti non in connessione essenziale con quelle sulle quali ha inciso la sentenza n. 7221/2022 della quinta sezione penale della Suprema Corte: la sentenza rescindente ha riguardato esclusivamente la sospensione condizionale della pena e la sostituzione della pena detentiva, sicché è divenuto fermo ed immodificabile l’accertamento sulla sussistenza del reato e sulla sua attribuibilità all’imputato, dovendosi rammentare che «per “parti” della sentenza, su cui può formarsi il giudicato parziale, devono intendersi le statuizioni aventi un’autonomia giuridico-concettuale e, quindi, non solo le decisioni che concludono il giudizio in relazione ad un determinato capo d’imputazione, ma anche a quelle che, nell’ambito di una stessa contestazione, individuano aspetti non più suscettibili di riesame» (Sez. 5, n. 19350 del 24/03/2021).

Al pari della prescrizione, oggetto delle pronunce di legittimità innanzi citate, anche la causa di improcedibilità sopravvenuta non può spiegare alcuna efficacia a fronte del giudicato parziale, così come – secondo l’autorevole insegnamento del massimo consesso nomofilattico, reso in riferimento ad un’altra fattispecie, ma sicuramente significativo ai fini che qui rilevano – non può spiegare alcuna efficacia a fronte di un ricorso inammissibile: ed invero, quando il d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, recante disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità in attuazione della delega di cui all’art. 1, commi 16 e 17, legge 23 giugno 2017, n. 103, introdusse la procedibilità a querela di alcuni reati originariamente perseguibili d’ufficio, Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, Salatino, ebbe a statuire che «In tema di condizioni di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36 ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, l’inammissibilità del ricorso esclude che debba darsi alla persona offesa l’avviso previsto dall’art. 12, comma 2, del predetto decreto per l’eventuale esercizio del diritto di querela», rilevando (in armonia con quanto già osservato da Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci) che l’improcedibilità non riveste valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilità, non attribuisce al giudice dell’impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione, sicché il mutato regime di procedibilità del reato per il quale la sentenza impugnata ha pronunciato condanna non determina alcuna possibilità di incidere un “giudicato sostanziale” che si è già formato ed i cui effetti retroagiscono al momento del mancato instaurarsi di un valido rapporto processuale.

Dunque, «se il rinvio a seguito dell’annullamento della Corte di cassazione riguarda soltanto il giudizio di comparazione tra circostanze di segno opposto e la determinazione della pena, l’applicabilità di una causa estintiva del reato rimane preclusa per essere divenuta irrevocabile la parte della sentenza concernente la responsabilità dell’imputato» (Sez. 1, n. 11041 del 05/10/1995): nel caso di specie, la statuizione sulla responsabilità del ricorrente era divenuta irrevocabile, ai sensi dell’art. 624 cod. proc. pen., benché ciò non abbia formato oggetto di espressa dichiarazione nella sentenza rescindente, sicché è priva di effetti la sopravvenuta procedibilità a querela del reato in contestazione per effetto dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che non può certo essere considerata una ipotesi di abolitio criminis capace di incidere sul giudicato sostanziale (cfr. Sez. 4, n. 49499 del 15/11/2023).

Il rigetto del motivo di ricorso consegue, dunque, all’applicazione del seguente principio di diritto: «In caso di annullamento parziale con rinvio da parte della Corte di cassazione, le parti della decisione non oggetto di annullamento, e non in connessione essenziale con quelle per le quali è stato disposto il nuovo giudizio, acquistano autorità di cosa giudicata, indipendentemente dalla espressa declaratoria in tal senso nel dispositivo della sentenza rescindente, sicché, qualora l’annullamento abbia riguardato unicamente aspetti relativi al trattamento sanzionatorio, diviene irrevocabile l’accertamento sulla sussistenza del reato e sulla sua attribuibilità all’imputato, con conseguente irrilevanza, nel nuovo giudizio, di questioni relative al mutato regime di procedibilità del reato (fattispecie relativa a furto ai danni di Enel spa, nella quale il giudizio di rinvio – disposto per rivalutare gli aspetti relativi alla sospensione condizionale della pena ed alla sostituzione della pena detentiva – si era svolto dopo l’entrata in vigore delle norme che hanno reso il delitto procedibile a querela)».