Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 39738/2024, udienza del 10 settembre 2024, ha ricordato che in passato ha trovato spazio un indirizzo interpretativo per il quale non rientra tra le prerogative del pubblico ministero quella di disporre autonomamente l’archiviazione nemmeno degli atti eventualmente ritenuti non contenere una notizia di reato, dovendo lo stesso necessariamente rivolgersi al giudice delle indagini preliminari qualora intenda rinunziare all’esercizio dell’azione penale.
Tale esegesi, tuttavia, deve ritenersi manifestamente infondata, essendo stata smentita da molto tempo da plurimi interventi delle Sezioni unite penali.
Queste hanno, infatti, hanno avuto modo di puntualizzare che, in tema di azione penale, mentre il procedimento attivato a seguito di iscrizione degli atti nel registro previsto dall’art. 335 c.p.p. (mod. 21) ha come esito necessitato l’inizio della azione penale o la richiesta di archiviazione, l’iscrizione degli atti nel registro non contenente notizie di reato può sfociare, o in un provvedimento di diretta trasmissione degli atti in archivio da parte del PM in relazione a quei fatti che, fin dall’inizio, appaiono come penalmente irrilevanti, o può condurre al medesimo esito della procedura prevista per le ordinarie notitiae criminis, qualora siano state compiute indagini preliminari o il fatto originario sia stato riconsiderato o comunque sia sopravvenuta una notizia di reato.
In questo secondo caso le Sezioni unite hanno puntualizzato che l’eventuale richiesta di archiviazione non è condizionata al previo adempimento, da parte del PM, dell’obbligo di reiscrizione degli atti nel registro “mod. 21”, in quanto la valutazione, esplicita o implicita, circa la natura degli atti, spetta al titolare della azione penale indipendentemente dal dato formale dell’iscrizione in questo o quel registro, e al GIP non è riconosciuto alcun sindacato né su quella valutazione, né sulle modalità di iscrizione degli atti in un registro piuttosto che in un altro (Sez. U, n. 34 del 22/11/2000, dep. 2001, ignoti; nello stesso senso Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009, Lattanzi).
È dunque oramai assodato per la giurisprudenza della Suprema Corte che il PM può cestinare autonomamente le cosiddette pseudo-notizie di reato di cui abbia disposto previamente l’iscrizione a mod. 45 nell’esercizio del potere-dovere attribuitogli dall’art. 109 disp. att. c.p.p. di vagliare l’effettivo contenuto degli atti d’impulso procedimentale ricevuti, ferma restando la sua facoltà di sottoporre l’atto al vaglio del giudice delle indagini preliminari con richiesta ordinaria di archiviazione, adempimento a cui quest’ultimo non può sottrarsi (Sez. U, n. 34 del 22/11/2000, cit. e, da ultimo, Sez. 1, n. 30055 del 29/09/2020, ignoti).
La giurisprudenza più recente ha al più configurato l’obbligo del PM di sottoporre al vaglio giurisdizionale la decisione di archiviare la pseudo-notizia di reato soltanto nel caso in cui vi sia stata una espressa richiesta del denunciante in tal senso e comunque – contrariamente a quanto accaduto nel caso di specie – all’iscrizione nel mod. 45 sia seguito il compimento di atti di indagine preliminare (Sez. 2, n. 29010 del 24/09/2020; Sez. 3, n. 55511 del 21/11/2018). Peraltro sempre le Sezioni unite hanno avuto modo di chiarire che il provvedimento del PM di trasmissione diretta all’archivio della pseudo-notizia di reato, in quanto atto di parte, non ha natura giurisdizionale e, come tale, non è qualificabile come abnorme (caratteristica esclusiva degli atti di giurisdizione), né è impugnabile, anche qualora illegittimamente adottato in conseguenza di una errata iscrizione nel registro degli atti non costituenti notizia di reato (Sez. U, n. 34536 del 11/07/2001, Chirico).
La stessa sentenza Chirico ha avuto infine modo di precisare come il rischio di abusi ed errori nella gestione da parte del PM delle pseudo-notizie di reato trovi il suo naturale rimedio nell’esercizio da parte del Procuratore Generale del proprio potere di avocazione di cui all’art. 412 c.p.p.
