Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 27385/2024, udienza del 7 maggio 2024, ha ricordato che la giurisprudenza di legittimità ritiene non configurabili “conflitti” nel corso delle indagini preliminari anche quando due diversi pubblici ministeri appartenenti ad uffici distinti svolgono investigazioni su un medesimo fatto di reato, pur se vi sia un intervento incidentale del GIP, ad esempio perché chiamato a provvedere su una richiesta di proroga delle indagini o di archiviazione.
Al riguardo, è stato più volte osservato che nel vigente ordinamento processuale un “conflitto” è ipotizzabile solo tra organi giurisdizionali, e che «la possibilità di porre rimedio alla duplicazione di indagini per il medesimo fatto nei confronti dello stesso imputato trova l’unico possibile rimedio, secondo il vigente sistema processuale, negli istituti di cui agli art. 54, 54-bis e 54-ter c.p.p., che disciplinano gli eventuali contrasti tra pubblici ministeri nella fase procedimentale delle indagini preliminari e si rivelano perciò del tutto estranei alla procedura giurisdizionale dei conflitti» (così, esattamente, Sez. 1, n. 472 del 27/01/1998; nello stesso senso, tra le altre, Sez. 1, n. 1555 del 06/04/1994).
In termini del tutto coerenti con questa impostazione, deve essere escluso che, con riferimento al sequestro probatorio, possa farsi valere l’incompetenza del PM che ha disposto o convalidato tale attività di ricerca della prova, in quanto nella fase delle indagini preliminari la competenza costituisce un mero criterio di organizzazione del lavoro.
La Suprema Corte, con decisione risalente (Sez. 3, n. 2791 del 29/10/1998), ha osservato che nella fase delle indagini preliminari la “competenza” costituisce un mero criterio di organizzazione del lavoro investigativo, che assume rilievo giuridico solo nei rapporti tra gli uffici del pubblico ministero (artt. 54, 54 bis e 54 ter c.p.p.).
Nei confronti delle altre parti processuali essa assume rilevanza solo nella successiva fase in cui è promossa l’azione penale, allorché la richiesta di rinvio a giudizio deve essere inoltrata dal PM che siede presso il giudice competente per materia e per territorio a conoscere del reato. Dette conclusioni debbono essere confermate anche in considerazione dell’attuale sistema normativo e trovano ulteriore conforto nella disciplina recata dall’art. 54-quater, cod. proc. pen.
