Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 20240/2024, udienza del 15 gennaio 2024, ha avvertito che non si deve confondere la competenza funzionale del giudice per la convalida, che è collegata al luogo dell’arresto o del fermo, con la competenza ad emettere la misura cautelare.
Vi è, infatti, totale autonomia tra i due provvedimenti.
Con la sentenza n. 17 del 14/07/1999, Salzano, le Sezioni unite penali hanno affermato il principio per cui, quando il luogo dell’arresto o del fermo sia diverso da quello della commissione del reato, l’ordinanza coercitiva emessa dal GIP competente per la convalida ha efficacia provvisoria a norma dell’art. 27 cod. proc. pen.
In motivazione, è stato osservato che «Il giudice indicato nell’art. 390.1 c.p.p. è funzionalmente competente per il giudizio di convalida dell’arresto o del fermo senza che siano previste deroghe; ma la misura coercitiva che, richiesto dal P.M., applichi a norma dell’art. 391.5 è pur sempre esercizio di attività posta in essere da un giudice incompetente quando, come nel caso in esame, per la diversità fra luogo del commesso reato e luogo in cui il fermo è stato eseguito, non si identifichi col giudice indicato dall’art. 279, correlato agli artt. 4 e segg. c.p.p.»; pertanto, «La competenza funzionale per la convalida dell’arresto o del fermo non si traduce automaticamente in competenza esclusiva e derogatoria riferita al potere di disporre (eventualmente) un provvedimento coercitivo, ferma restando la stretta relazione tra le due attività» (cfr. Sez. U, n. 17 del 14/07/1999, in motivazione, par. 2 e 3 del “Considerato”).
La previsione dell’art. 391, comma 6, cod. proc. pen., secondo cui, ove il giudice in sede di convalida della misura precautelare non applichi una misura coercitiva, vi è l’obbligo di disporre l’immediata liberazione dell’indagato, «non autorizza a ritenere sussistente una competenza cautelare esclusiva e derogatoria attribuita al “giudice della convalida” che non si identifichi col “giudice che procede”, considerata l’inderogabilità della disciplina sulla competenza, normativamente prevista e costituzionalmente garantita.
Ove coincidenza non vi sia, l’esercizio del potere precautelare e di quello cautelare non opera sullo stesso piano di competenza funzionale, non previsto dalle norme che regolano la materia (arg. ex artt. 390.1, 27, 291 nonché 391.5 che a quest’ultimo fa espresso riferimento)» (cfr. Sez. U., n. 17 del 14/07/1999, par. 3 del «Considerato»).
Si è, di conseguenza, affermato che il provvedimento di convalida della misura precautelare e quello di applicazione della misura cautelare sono reciprocamente autonomi e la nullità del primo non si estende all’ordinanza impositiva della misura coercitiva (cfr. Sez. U., n. 17 del 14/07/1999, Salzano).
I principi della sentenza Salzano sono stati confermati da Sez. U, n. 12823 del 25/03/2010, Mones, secondo cui, nell’ipotesi in cui la misura cautelare sia stata disposta dal giudice della convalida ex art. 391, comma 5, cod. proc. pen., e il luogo dell’arresto o del fermo sia diverso da quello di commissione del reato, solo la formale dichiarazione di incompetenza da parte del giudice determina l’inefficacia della misura cautelare che non sia stata rinnovata dal giudice competente entro venti giorni dall’ordinanza di trasmissione degli atti (principio ribadito da Sez. 5, n. 45176 del 02/10/2019).
In motivazione, le Sezioni unite hanno richiamato la motivazione della sentenza Salzano, con la quale «… Si disse infatti allora che l’attribuzione prevista dal comma 5 dell’art. 391 c.p.p., in base alla quale il provvedimento cautelare era stato adottato, non configurava una competenza funzionale del giudice della convalida, come peraltro la maggioranza della giurisprudenza aveva fino al quel momento ritenuto, ma rientrava nel genus dell’art. 291 comma 2 c.p.p. avendo natura di intervento di urgenza e provvisorio» (cfr. par. 2 del «Considerato»); hanno ritenuto che vada «… tenuto fermo, a monte, che le misure cautelari disposte dal giudice della convalida non sono, solo perché tali e cioè perché emanate nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 391 comma 5 c.p.p., misure disposte da giudice competente …» (cfr. par. 3 del «Considerato»).
Le sentenze citate nel ricorso sono tutte in linea con i principi di diritto espressi dalle Sezioni unite e non dimostrano in alcun modo la tesi difensiva.
Sez. 6, n. 3268 del 18/10/1999, in motivazione, al par. 2 del «Considerato», ha esplicitamente richiamato la sentenza Salzano ed ha affermato che «… la competenza funzionale ex art. 391 cod. proc. pen. del giudice della convalida non deroga – come è reso evidente dal richiamo, effettuato dal quinto comma dell’art. 391, all’intero art. 291 cod. proc. pen. – alle norme sulla competenza per territorio stabilite dall’art. 8 segg. cod. proc. pen., cosicché, quando il luogo dell’arresto o del fermo sia diverso da quello della commissione del reato, l’ordinanza coercitiva emessa dal giudice per le indagini preliminari competente per la convalida ha efficacia provvisoria a norma dell’art. 27 cod. proc. pen., per cui, ove il giudice per le indagini preliminari competente per territorio non provveda nel termine di venti giorni a emettere il nuovo provvedimento cautelare, la misura perde efficacia».
Nella motivazione di Sez. 2, n. 5226 del 16/11/2006, si afferma il carattere inderogabile della competenza ex art. 390, comma 1, cod. proc. pen. e, quanto alle misure cautelari disposte dal giudice della convalida del fermo o dell’arresto, si richiama testualmente il principio di diritto sancito della sentenza Salzano.
Non sussiste, di conseguenza, alcuna c.d. «invalidità derivata» del provvedimento applicativo della misura cautelare ex art. 27 cod. proc. pen., non essendo, per altro, tale sanzione processuale espressamente prevista per il caso in esame da alcuna norma dell’ordinamento.
