Agenti infiltrati e agenti provocatori: differenze e loro effetti in termini di utilizzabilità degli elementi conoscitivi raccolti (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 23864/2024, udienza del 12 aprile 2024, ha ricordato che, in tema di operazioni sotto copertura, è inutilizzabile la prova acquisita dall’agente infiltrato che abbia determinato l’indagato alla commissione di un reato e non quella acquisita con l’azione di mero disvelamento di una risoluzione delittuosa già esistente, rispetto alla quale l’attività dell’infiltrato si presenti solo come occasione di estrinsecazione del reato.

Nel caso di specie, il ruolo dell’infiltrato è stato chiaramente limitato ad affermare una disponibilità a collaborare alla riuscita del progetto criminale ordito dagli imputati e non si pone come fattore scatenante della scelta delittuosa.

È dunque all’iniziativa prodromica alla realizzazione dell’intera operazione, considerata nei suoi aspetti oggettivi, che deve darsi rilievo per stabilire i limiti della utilizzabilità delle informazioni probatorie rinvenienti dall’attività dell’agente infiltrato (Sez. 6, n. 12204 del 04/02/2020).

A sua volta, Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 45852/2023, udienza del 15 settembre 2023, ha affermato che non è configurabile il reato impossibile, in presenza dell’attività di agenti “infiltrati” o “provocatori”, quando l’azione criminosa non deriva esclusivamente, dagli spunti e dalle sollecitazioni istigatrici di questi, ma costituisce l’effetto di stimoli ed elementi condizionanti autonomamente riferibili all’agente, posto che l’inidoneità della condotta deve essere valutata oggettivamente con giudizio “ex ante”, nel suo valore assoluto e non di relazione con la simultanea azione dell'”infiltrato” (Sez. 6, n. 39216 del 09/04/2013; Sez. 5, n. 33835 del 2021; Sez. 7, ord. n. 5640 del 2019).

Ed ancora, Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 32201/2023, udienza del 19 aprile 2023, ha chiarito che la scriminante dell’adempimento del dovere trova applicazione esclusivamente nel caso in cui la condotta dell’agente provocatore non si inserisca con rilevanza causale nell’iter criminis, ma intervenga in modo indiretto e marginale concretizzandosi prevalentemente in un’attività di osservazione, di controllo e di contenimento delle azioni illecite altrui (così, Sez. 3, n. 20238 del 07/02/2014, secondo cui non contrasta con il diritto di ogni persona a un processo equo ex art. 6 CEDU, l’azione dell’agente provocatore che si limita a disvelare un’intenzione criminale esistente, ma allo stato latente, fornendo solo l’occasione per concretizzare la stessa, e, quindi, senza determinarla in modo essenziale, nella quale è stata esclusa l’inutilizzabilità dei risultati dell’attività di polizia giudiziaria, che si era caratterizzata per l’induzione del reo ad uno specifico episodio di cessione di droga ad un agente provocatore, in relazione a sostanza già illecitamente detenuta).

Secondo Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 19122/2015, udienza del 2 aprile 2015, quando l’attività concretamente riferibile all’agente sotto copertura o all’interposta persona corrisponde ad una o più fra le operazioni espressamente contemplate dal minisistema normativo di riferimento costituito dall’art. 9 L. 16 marzo 2006, n. 146, deve escludersi sia la configurabilità di ipotesi di responsabilità penale a carico di tali soggetti, sia la sussistenza di situazioni di inutilizzabilità della prova acquisita nel corso della indicata attività.

Infine, secondo Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 37805/201, udienza del 9 maggio 2013, comportano la responsabilità penale dell’agente infiltrato e l’inutilizzabilità della prova acquisita le operazioni sotto copertura consistenti nell’incitamento o nell’induzione alla commissione di un reato da parte del soggetto indagato, in quanto all’agente infiltrato non è consentito commettere azioni illecite diverse da quelle dichiarate non punibili e di quelle strettamente e strumentalmente connesse.